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Narcotraffico armi e appalti
La ’ndrangheta padrona del Nord

Narcotraffico armi e appalti La ’ndrangheta padrona del Nord

I padroni assoluti. In Lombardia comanda sempre di più la ’ndrangheta reggina. Anche al Comune di Seregno, cittadina della bassa Brianza, dove i referenti delle cosche di San Luca riuscivano a fare manbassa di appalti grazie al filo diretto instaurato dall’imprenditore originario di Melito Porto Salvo, Antonio Lugarà, e il sindaco, esponente di Forza Italia, Edoardo Mazza, finito ai domiciliari nel quadro dell’ennesimo blitz messo a segno ieri dalla Procura distrettuale antimafia di Milano e dall’Arma dei Carabinieri con cui è stata sradicata una nuova ramificazione della mafia calabrese in Lombardia.

L’indagine

Tanti reggini tra le 27 persone destinatarie di una misura cautelare emesse dai Gip di Milano e Monza. Un’indagine che ruota attorno ad due ipotesi di reato, il traffico di droga e la mannaia delle estorsioni, e la corruzione politica. Due facce del “modus operandi” dei clan della Jonica reggina in terra lombarda.

L’inchiesta dei Carabinieri, scattata nel 2015, rappresenta una costola dell’indagine “Infinito”, la storica retata (gemella di “Crimine”) che nel 2010 aveva di fatto svelato l’asfissiante presenza, e il salto di qualità, delle “Locali” di ’ndrangheta in Lombardia. Proprio indagando sui personaggi coinvolti nel traffico di droga e nelle estorsioni si è arrivati all’individuazione dell’imprenditore reggino, personaggio che – secondo le convinzioni della Dda milanese – lega a “doppio filo” politica e criminalità organizzata. Lugarà avrebbe infatti intrattenuto rapporti con politici del territorio, e coltivato frequentazioni scanditi da reciproci scambi di favori con esponenti dei clan.

Narcotraffico

Ma a consentire affari d’oro alla ’ndrangheta dell’Aspomonte jonico reggino è puntualmente il business della droga. Fiumi di cocaina che arrivavano in Lombardia grazie alle intermediazioni e al feeling speciale che i boss calabresi intrattengono con i narcos sudamericani. La fornitura della cocaina in mezza Lombardia rimane esclusiva dei reggini.

Le indagini hanno portato all’identificazione del sodalizio legato alla “Locale” della ’ndrangheta di Limbiate (Monza) con i picciotti di San Luca che, secondo l’accusa, avevano avviato in provincia di Como un gigantesco traffico di cocaina, e contestualmente erano registi ed esecutori di alcuni episodi di estorsioni nell’area di Cantù.

Il progetto criminale

«Vogliono mettere in piedi San Luca... San Luca a Milano ... al nord»: così uno degli arrestati parlava delle mire espansionistiche delle cosche spifferando un immenso traffico di cocaina nel Comasco. Un progetto criminale ambizioso, che – come emerge dalle carte di indagine – era stato realizzato. «In un mese riuscivano a piazzare sul mercato oltre 50 chili di cocaina e a inviare un milione di euro in Calabria» hanno rimarcato in conferenza stampa i sostituti della Dda milanese che hanno coordinato le indagini. Soldi destinati alla “mamma”, a chi ancora oggi continua a tenere in pugno il comando degli affari e custodire la cassaforte della cosca. A San Luca.

Le armi

Per quanto riguarda il filone legato alla droga, i carabinieri hanno scoperto che i trafficanti custodivano armi in un appartamento di Cabiate (Como) che usavano come base operativa. «Due kalashnikov?», chiede in un’intercettazione uno degli arrestati. La risposta è emblematica: «Il mitra! Li ha buttati giù nel garage. Sì ma io pensando dopo... il kalashnikov è arma da guerra, se mi trovano mi fanno il c...». Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 7,5 chili di cocaina e 400 mila euro in contanti. E proprio ieri mattina, durante una perquisizione a Carugo (Como) a casa di Giuseppe Giorgi, uno degli arrestati, i militari hanno trovato 120 mila euro nascosti nell’intercapedine del pavimento. Soldi sporchi. Linfa della malavita reggina.

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