Si svolgerà a porte chiuse il processo a carico di sette giovani originari di Melito Porto Salvo accusati di avere violentato ripetutamente tra il 2013 e il 2015 una ragazza che all'inizio della terribile vicenda aveva 14 anni. Lo hanno deciso i giudici del Tribunale di Reggio Calabria dove stamani è iniziato il dibattimento. Nell'inchiesta che ha portato al processo, è stato arrestato anche un ottavo giovane che all'epoca dei fatti era minorenne. La ragazzina è attualmente ospite di un centro protetto, dove, con l'aiuto di operatori specializzati, sta tentando di ricostruire la propria esistenza segnata dolorosamente dalle violenze di gruppo, a cui era stata "ceduta" dal fidanzatino. Tra gli imputati anche uno dei "rampolli" del casato di 'ndrangheta degli Iamonte di Melito Porto Salvo, Giovanni, figlio del boss Remingo Iamonte, arrestato lo scorso anno. Gli inquirenti lo indicano come il giovane capo del gruppetto di violentatori, "un manipolo di balordi giovinastri pregiudicati e violenti". Una storia squallida di cui gli inquirenti stanno ancora oggi attribuendo le diverse responsabilità. Una storia intossicata da silenzi e omertà, che ha visto la ragazzina accusata persino da molti concittadini di avere chiesto aiuto alla scuola e ai magistrati. Oggi, davanti al Tribunale, sono sfilati rappresentanti di associazioni religiose e sociali per stare vicini alla giovane ed alla sua famiglia, mentre la Regione Calabria ed il comune di Melito Porto Salvo hanno depositato la richiesta di costituzione di parte civile. Richiesta che dovrebbe essere fatta anche dal fratello della giovane. L'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria Gaetano Paci, ha superato tutti i pronunciamenti di merito durante i quali la ragazzina ha sempre confermato le sue accuse, nonostante le sofferenze patite, in un ambiente caratterizzato dalla forte omertà e dalla paura delle ritorsioni degli uomini della cosca Iamonte. (ANSA)