Laureana di Borrello (Reggio Calabria)
Un imprenditore al servizio del clan, un professionista pronto a ricambiare un favore al capocosca. E ancora, collegamenti tra i clan reggini e quelli del Vibonese, intimidazioni e una faida sfiorata. C’è tutto il campionario della ’ndrangheta nelle dichiarazioni che il nuovo collaboratore di giustizia Giuseppe Dimasi sta rilasciando alla Dda di Reggio Calabria.
La Dda ha ottenuto che quei documenti siano acquisiti nel processo “Lex” contro i clan di Laureana di Borrello. Martedì si torna in aula davanti al gup reggino per capire chi, tra i 33 imputati che hanno scelto il rito ordinario, sarà rinviato a giudizio. Intanto, però, la Dda ha in mano una nuova carta da giocare per corroborare un impianto accusatorio che sembra già solido.
«Io sono un imprenditore che è entrato in affari con la ’ndrina di Laureana...». È il primo approccio di Dimasi con il pm Giulia Pantano, l’avvio della collaborazione con la giustizia. «A Laureana esistono due diverse articolazioni ’ndranghetistiche: Chindamo-Ferrentino e Lamari-Silvano-Ciancio. Ferrentino Marco (considerato il numero uno della cosca, ndr) si fidava molto di me. Io mi occupavo delle imprese della ’ndrina Chindamo-Ferrentino... Portai Marco Ferrentino a Voghera», dove il giovane viveva con la famiglia dall’età di 13 anni. E proprio nel comune lombardo Ferrentino e la sua gang iniziano a fare affari.