Da primula rossa della ‘ndrangheta al carcere duro. È la parabola di Marcello Pesce, personaggio di primo piano dell’omonimo clan di Rosarno. Pesce è detenuto nel carcere di Spoleto, penitenziario nel quale è stato raggiunto dalla misura di restrizione al 41bis. A meno di un anno dal suo arresto in un palazzotto del centro storico di Rosarno, dopo 6 anni di latitanza, l’ex reggente della cosca Pesce è raggiunto dal massimo provvedimento restrittivo.
Gli avvocati Antonio Spaziale e Sandro Furfaro, che difendono Marcello Pesce, hanno già presentato reclamo contro il provvedimento emesso del ministero dell’Interno e sono in attesa della fissazione dell’udienza davanti al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Marcello Pesce sta scontando una pena definitiva per associazione mafiosa a 16 anni, condanna comminatagli nel maxi processo “All inside”, frutto di una brillante operazione della Dda di Reggio Calabria, che ha azzerato il clan Pesce di Rosarno. Marcello Pesce risulta indagato anche in un’altra inchiesta, “Recherche”, indagine che ha individuato la rete di presunti fiancheggiatori che hanno protetto la sua latitanza, accusati anche di spaccio di droga.
Quando all’alba del 28 aprile 2010 scattò l’imponente operazione “All inside”, infatti, Marcello Pesce e i suoi più stretti congiunti erano già uccel di bosco. Si parlò con insistenza di talpe all’interno della tenenza dei carabinieri di Rosarno. Sono serviti sei anni, nel corso dei quali finirono in carcere uno dopo l’altro i latitanti di casa Pesce, compreso il boss Ciccio “testuni”, prima che i poliziotti dello Sco riuscissero a arrestare Marcello “U ballerinu”.
Pesce era nascosto in un’abitazione nel centro storico di Rosarno. Con ogni probabilità non si era mai allontanato dal feudo della cosca, dove poteva godere di una cintura di protezione e covi sicuri. Il blitz è scattato attorno alle 5 del mattino, quando si è avuta la certezza che si nascondesse in un appartamento a poche decine di metri dalla via principale del paese. Stava dormendo ed era disarmato. Ha accolto i poliziotti che entrarono in casa con un sorriso. Marcello Pesce è considerato l’eminenza grigia della cosca Pesce, uomo dai modi gentili, dalle buone relazioni e buone letture. Nel corso degli anni è stato presidente di due squadre di calcio a Rosarno, e direttore sportivo del Sapri calcio; negli anni ’90 era finito in un’inchiesta su mafia e massoneria coordinata dall’allora procuratore capo di Palmi Agostino Cordova. Uscì assolto da quel processo, ma il suo nome è stato sempre accostato al business della sua famiglia: il traffico di droga. Da qualche settimana è ristretto al carcere duro, dove avrà molto tempo da dedicare alla lettura.