Una scarica di fucile calibro 12 caricato a pallettoni che non gli ha dato scampo per regolare, verosimilmente, un conto in sospeso da oltre vent’anni. La ’ndrangheta che non perdona, che non fa sconti, che chiude le partite a modo suo, col sangue, ha confermato anche di avere la memoria lunga. Resta, infatti, quella di una vendetta consumata fredda, freddissima, la pista privilegiata – anche se non l’unica – che i carabinieri stanno seguendo per venire a capo del rebus dell’uccisione del pastore Bruno Muratore di 66 anni, avvenuta sabato scorso in un uliveto di Varapodio dove si era recato per prendersi cura del suo gregge di pecore. L’uomo era tornato in libertà dopo avere scontato una condanna definitiva a 24 anni (18 dei quali passati in carcere) per l’omicidio nel 1996 di Giuseppe Madafferi, considerato dagli inquirenti pezzo grosso della cosca Zumbo di Oppido Mamertina. Alla luce della possibile matrice del delitto dalla Procura di Palmi sta per passare alla Dda di Reggio Calabria.
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