E' stato sorpreso in un appartamento in un condominio di case popolari, alla periferia di Rosarno, il latitante Antonino Pesce, di 26 anni, già condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per associazione mafiosa. "Con questa cattura - ha detto il vicario del questore Roberto Pellicone - possiamo dire di avere chiuso il cerchio attorno all'ultimo dei Pesce latitante, che aveva già assunto la direzione delle attività criminali di una delle cosche di 'ndrangheta tra le più agguerrite". La squadra mobile di Reggio Calabria aveva da tempo individuato il rifugio di Antonino Pesce, filmando i suoi spostamenti, spesso accompagnato da uno dei figli maggiorenni della coppia che lo stava proteggendo.
"All'interno dell'appartamento - ha detto il dirigente della squadra mobile Francesco Rattà - non abbiamo rinvenuto armi, ma soltanto una somma cospicua che serviva al latitante per i suoi spostamenti quotidiani". Antonino Pesce è fratello di Savino e figlio di Vincenzo Pesce, di 59 anni, da tempo detenuti con pesanti condanne, e gli inquirenti li definiscono come il ramo cadetto della "cosca madre", capeggiata dal cugino Marcello Pesce, arrestato l'1 dicembre dl 2016 a Rosarno e considerato boss di primissimo livello, lettore di filosofi e autori classici come Sartre, Garcia Marquez, Bolano e Tolstoj, i cui libri furono rinvenuti sul comodino accanto al suo letto.
Antonino Pesce faceva infatti parte del gruppo soprannominato i "pecora", particolarmente attivo nel settore dei trasporti, dove imponevano i loro automezzi per il movimento delle merci, soprattutto le derrate alimentari e i prodotti agricoli, in entrata ed uscita nell'area della Piana di Gioia Tauro. "La leadership dei Pesce - ha sottolineato il dirigente della sezione criminalità organizzata della Questura di Reggio Calabria Fabio Amore - è ancora molto forte a Rosarno ed in molti centri vicini, ma l'azione dello Stato continuerà per garantire la sicurezza e l'ordine pubblico".
Caricamento commenti
Commenta la notizia