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In manette Leo Morabito detto "Scassaporte"

In manette Leo Morabito detto "Scassaporte"

In manette Leo Morabito, alias “Scassaporte”, 68 anni, elemento di primissimo piano dell’omonimo e ben radicato clan di Africo, “federato” con la potente cosca Speranza-Palamara-Scriva.

Ad arrestare Morabito, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Procura, sono stati i carabinieri del Comando provinciale in collaborazione con i militari dello Squadrone eliportato Cacciatori di Calabria. L’uomo è finito con le manette ai polsi poiché accusato di tentata estorsione aggravata, lesioni personali pluriaggravate in concorso e detenzione e porto illegale d’arma da fuoco.

Il provvedimento restrittivo trae origine dalle indagini avviate dai carabinieri della compagnia Bianco, sotto il coordinamento della Dda Reggio Calabria, a seguito del ferimento, a Bianco, mediante colpi d’arma da fuoco, nel pomeriggio del 19 ottobre 2016 nelle campagne di contrada San Giorgio, dell’ingegnere bianchese Francesco Lucà. Da tempo Morabito, secondo quanto ricostruito dagli investigatori dei carabinieri della compagnia di Bianco e del Comando provinciale di Reggio Calabria, aveva iniziato a rivendicare la proprietà di un terreno della famiglia Lucà, situato nella contrada San Giorgio di Bianco, ai confini con Africo Nuovo, adottando tipiche modalità mafiose, impossessandosene e addirittura recintandolo per poterne usufruire esclusivamente.

Nel momento in cui Francesco Lucà decise di recarsi sul proprio fondo per ripristinarne le condizioni originarie e usufruirne secondo diritto, ne è scaturita una reazione violenta, anche questa condotta con le modalità tipiche della criminalità organizzata, concretizzatasi nel ferimento dell’ingegnere mentre stava lavorando sul proprio terreno a bordo di un trattore.

Le indagini, condotte, come evidenziato dagli stessi investigatori dei carabinieri, “in un clima di profonda omertà e reticenza” particolarmente diffuso nella zona Sud della Locride, avrebbero consentito di ricostruire ogni passaggio della vicenda estorsiva, al punto di identificare Leo Morabito quale presunto mandante del “gruppo di fuoco” – i cui componenti non sono ancora stati identificati – che ferì all’addome e ad una gamba l’ing. Lucà.

Nell’abitazione di Morabito, durante la perquisizione, è stato rinvenuto un bunker sul quale sono in corso più approfonditi accertamenti.

Su disposizione dell’autorità giudiziaria reggina, Leo Morabito, dopo l’arresto, è stato condotto nella casa circondariale “G. Panzera” di Reggio Calabria.

I precedenti di “Scassaporte”

Specialista in gioventù nello sfondare porte e finestre - da cui, quindi, il soprannome di “Scassaporte” - Leo Morabito, stando ai vari rapporti stilati dalle forze dell’ordine e dai magistrati antimafia reggini, è diventato successivamente un elemento di spicco dell’omonima cosca africese ed è stato condannato nell’ambito dell’operazione “Tuareg” (risalente al 1998), imponente blitz antimafia scattato tra Africo, Brancaleone, Bruzzano e Motticella di Bruzzano, a 8 anni di reclusione per associazione mafiosa e altri reati.

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