Modello banda della Magliana. Il gruppo criminale emergente di Bagnara, cittadina della Costa Viola a una trentina di chilometri da Reggio, puntava a prendersi tutto sparando, intimidendo, bruciando macchine come hanno fatto i terribili a Roma e mezzo Lazio tra gli anni Ottanta e Novanta. Nel mirino erano finiti il comandante della Polizia locale, i Carabinieri e chiunque si metteva di traverso nella realizzazione del progetto criminale: al capo dei vigili, che si prodigava per mettere ordine e fare rispettare la legge anche con i gli amici mercatali, l’hanno avvisato sparando una raffica di “6,35” contro il portone di casa. Bagnara è stata liberata dalle dieci persone che avrebbero fatto il bello e il cattivo tempo da almeno un anno in quello che è «un territorio di ’ndrangheta aperto», senza la presenza costante degli storici padrini della vicina Sinopoli. È scattata all’alba di ieri l’operazione “Family Gang” condotta dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio e dall’Arma dei Carabinieri: tra i dieci indagati e raggiunti da una misura cautelare (collegati da vincoli parentali o da amicizie da vecchia data) anche un minore e una donna.
Gli indagati
Quadro accusatorio pesante per i dieci sotto accusa, che a vario titolo rispondono dei reati di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, minaccia aggravata, danneggiamento seguito da incendio, danneggiamento, ricettazione, detenzione e porto illegale di arma da sparo, con l’aggravante del metodo mafioso. Di Bagnara sette degli otto sono finiti in carcere - Fortunato Praticò, 39 anni; Fabio Cacciola, 42 anni; Vincenzo Caratozzolo, 34 anni; Antonino Leonardis, 46 anni; Rosario Leonardis, 71 anni; Rocco Perrello, 50 anni; Fabio Praticò, 33 anni; di Sinopoli Domenico Scarcella, 34 anni - il 16enne P.R., è stato associato nell’istituto penale per minori; mentre all’unica donna coinvolta nell’indagine, Samantha Leonardis, 38 anni, sono stati concessi i domiciliari.
Il vigile scomodo
L'indagine scatta l’8 agosto 2017. Nel pomeriggio vengono esplosi numerosi colpi di pistola in direzione dell’abitazione del comandante della Polizia municipale (facente funzioni). L’avvertimento al vigile scomodo era stato recapitato, con la speranza che la smettesse con i controlli ai venditori ambulanti che godevano della protezione della gang. Spavaldi, erano convinti di «impadronirsi di Bagnara, di prendersi tutta la città»; entrando in azione ragionando e pianificando sotto il profilo criminale spiegano gli inquirenti: «Tornava a parlare dell’attentato da compiere e a sciorinare consigli su come “sparare alla macchina”, sulla necessità di agire “incappucciati” qualora vi fossero state delle telecamere, su come comportarsi dopo aver agito (“certo! nella stessa strada da cui ci allontanavamo da li per andarcene... ma senza correre e fare troppo rumore) e a che ora era meglio agire onde evitare il più possibile che gli spari attirassero l’attenzione di terzi (“hai capito? si deve fare a quest'ora perchè non se l'aspetta nessuno! perchè si pensa quale soggetto è che a quest'ora potrebbe sparare ad una persona?». E per rafforzare la tesi rievocano uno dei più gravi affronti di Cosa nostra allo Stato e alla Democrazia: «“Come hanno fatto con Borsellino!”».
Il progetto di sangue
Intercettazioni fatali per uno dei principali indagati, Fortunato Praticò. I Carabinieri ascoltano (1 dicembre 2017) che il sospetto si era procurato un fucile per uccidere una persona (rimasta senza identità anche per gli inquirenti). Scatta il blitz e in casa, dove era costretto all’obbligo di dimora, e lo trovano in possesso di un fucile “a pompa” calibro 12 con matricola abrasa. E secondo i magistrati della Dda (l’indagine dei Carabinieri è stata coordinata dai pubblici ministeri Walter Ignazitto e Diego Capece Minutoli) «poche ore prima della perquisizione Fortunato Praticò aveva acquisito la disponibilità dell’arma, allontanandosi dal domicilio in cui era ristretto, armato e con il volto coperto da un passamontagna, con il preciso intento di uccidere una persona». Un agguato per vendicare l’assassinio del cugino Francesco Catalano, ucciso in un agguato mafioso nel 2010 a Bagnara.