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"I clan di Rosarno erano pronti alla guerra"

"I clan di Rosarno erano pronti alla guerra"

Associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, danneggiamento, minaccia, intestazione fittizia di beni, impiego di denaro beni o utilità di provenienza illecita, violazione degli obblighi della sorveglianza speciale. Questi i reati contestati, a vario titolo, nell’ambito dell’operazione «Ares» che stamane ha portato al fermo di 31 persone da parte dei carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria. I militari dell’Arma hanno eseguito un provvedimento emesso dalla Procura distrettuale antimafia della città calabrese dello Stretto nei confronti di presunti appartenenti o personaggi contigui alle cosche Cacciola e Grasso, radicate nella Piana di Gioia Tauro e riconducibili alla «società» di Rosarno del «mandamento» tirrenico della provincia di Reggio Calabria.

Il provvedimento, come spiegato dagli inquirenti, costituisce la sintesi di un complesso lavoro di ricostruzione degli assetti e degli equilibri interni ed esterni alla cosca Cacciola, documentati nel tempo grazie alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e ad un’inchiesta avviata nel settembre 2017 dai militari del Nucleo Investigativo del Gruppo Carabinieri di Gioia Tauro sotto la direzione della locale Direzione Distrettuale Antimafia. L’indagine ha fatto emergere che l’originaria compattezza della cosca si era affievolita dopo la scomparsa di Domenico Cacciola, avvenuta nel 2013, ucciso dai suoi sodali per lavare l’onta di una relazione extraconiugale intrattenuta con una donna riconducibile ai Bellocco, Francesca Bellocco, uccisa a sua volta dal figlio, Francesco Barone, recentemente condannato per il delitto.

Il conflitto fra i due clan esplose lo scorso 16 settembre, quando un commando capeggiato da Gregorio Cacciola, 38 anni, figlio di Domenico, tentò di sequestrare, in pieno giorno ed in pieno centro a Rosarno, con il fine di condurlo in un luogo isolato e ucciderlo, Salvatore Consiglio, considerato uno degli emergenti della 'ndrina dei Grasso, tradizionale cosca satellite dei «Cacciola». L’uomo riuscì a scampare al suo destino reagendo al fuoco con una pistola illegalmente portata all’interno dell’autovettura. Dalle attività investigative avviate dal Gruppo di Gioia Tauro emerse una precisa chiave di lettura delle dinamiche mafiose interne al gruppo Cacciola, ormai scisso dai Cacciola-Grasso.

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