Reggio

Giovedì 18 Settembre 2025

La grammatica? Riscoprirla può essere... un’emozione. Il libro di Dino Petralia, ex procuratore di Reggio

Nel 1975 Tullio De Mauro, linguista e futuro ministro della Pubblica Istruzione, pubblicava le «Dieci tesi per un’educazione linguistica democratica». Nell’ottava l’insegnamento della grammatica tradizionale veniva definito «parziale, inutile e nocivo». La severità di questo giudizio poggiava sul carattere ripetitivo di molti manuali, che ripresentano, più o meno, lo stesso contenuto, nei tre cicli in cui è divisa la scuola italiana. A 50 anni da quel saggio polemico esce per la casa editrice Luigi Pellegrini «Grammatica emozionale, viaggio dentro le parole», scritto da Dino Petralia con prefazione di Arnaldo Colasanti e postfazioni di Alessandro Bergonzoni e Sarantis Thanopulos. L’autore non è un linguista, ma un magistrato in pensione, che ha ricoperto incarichi rilevantissimi in seno all’ordine giudiziario, compresa un’esperienza al CSM, la direzione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e la guida della Procura Generale di Reggio Calabria. E tuttavia il dottor Petralia rilancia lo studio della grammatica in una forma originale, viva, capace, appunto, di suscitare emozioni. Nel suo volume non troviamo l’elenco assillante delle regole, né la moltitudine di eccezioni che inondano la lingua italiana e nemmeno la varietà di esempi riportati, ad onor del vero, in modo non sempre chiaro e distinto. Grazie a Dino Petralia le parti del discorso manifestano, invece, sentimenti, rapporti e comportamenti umani sicché, come scrive Massimo Recalcati, le parole diventano vive ed entrano nel corpo. E allora il modo congiuntivo è «socievole ed espansivo», ma anche «piuttosto elitario e un tantino snob», mentre il condizionale, che «del precedente è il cugino, vive d’incertezza, ma il suo potenziale è fatto di buoni propositi». Gli aggettivi sono «impalpabili» se indefiniti, «intelligenti ma un tantino saputelli» se dimostrativi. Il punto è «forte e categorico», la virgola «separa con affetto» e i due punti sono una «coppia di gemelli in verticale». Gradevoli e frequenti i riferimenti letterari: da Shakespeare a Sciascia. Petralia si delizia di citare pure i grandi autori e interpreti della canzone italiana: per spiegare l’avverbio «sempre» si rivolge a Mina e a Celentano (Sempre sempre sempre), per il gerundio ricorre a Baglioni (Strada facendo). Sottile anche l’ironia, quando Cicerone è accostato al comico calabrese Franco Neri oppure si evidenzia la somiglianza tra «io» e «Dio», alludendo a quanti dei primi credono spesso di essere... il secondo. Dei recenti dati Invalsi preoccupa l’aumento della “dispersione implicita”: gli studenti che, specialmente nel meridione, non raggiungono il livello sufficiente nelle prove d’italiano. Il libro di Dino Petralia può contribuire, con leggerezza calviniana, a invertire questa tendenza.

leggi l'articolo completo