Quattro società in meno di dieci anni hanno insegnato alla Reggio Calabria calcistica a riconoscere le caratteristiche comuni a tutte le conferenze stampa dei proprietari di un club. Passaggi neanche troppo velati di quasi fisiologica autoreferenzialità, tono della voce che si alza in alcuni frangenti e dichiarazioni di attaccamento ai colori che oggi, sulla base delle esperienze dell’ultimo lustro, fanno meno effetto. Non ha fatto eccezione Antonino Ballarino in larghi tratti del suo intervento di martedì sera. Rispetto a chi lo ha preceduto ha però ancora il beneficio di un futuro in cui potrà realizzare ciò che desidera per il club. L’esercizio più complicato nell’analizzare una conferenza stampa di quasi due ore è estrapolare, da tutto ciò che è “forma”, la “sostanza” dei concetti espressi. Soprattutto se in un discorso che ha anticipato le domande si è parlato soprattutto di quella che si può definire una corrente contraria a La Fenice Amaranto, che rappresenta però solo una parte del pensiero dei tifosi. Oggi il vero problema per chi si interessa solo di calcio sono la classifica e i dubbi sulle prospettive future. Ballarino è quasi finito a fare da parafulmine in una situazione dove lo scoramento per quanto accaduto in estate e la ripartenza difficile hanno messo a dura prova lo stato d’animo della tifoseria. Lui, però, ha dimostrato di avere la forza di provare quantomeno a ribaltare l’apparente ostilità esistente. A partire, ad esempio, dal contropiede lanciato con quella possibilità data alla città che continua a non digerire il nuovo corso amaranto: cinque giorni per riappropriarsi della Reggina attraverso le eventuali manifestazioni d’interesse a rilevare la società. Difficilmente qualcuno si presenterà per prendere le redini di una società di Serie D, dovendosi prendere in carico un campionato già compromesso. Quello che va detto è che Ballarino non ha fatto alcun passo indietro. Anzi, ha rilanciato. Ha lasciato intendere che acquisterà marchio ed identità non appena le circostanze lo permetteranno e che si lavorerà per rafforzare la squadra in modo da arrivare più in alto possibile. Sul Sant’Agata, per il quale la concessione scade il 18 dicembre, ha avuto il coraggio di dire ciò che pensa. Ha sottolineato il fatto che non sia nelle migliori condizioni e oggi per rimetterlo in sesto occorrerebbero investimenti ingenti. Il centro sportivo, tra l’altro, sarebbe evidentemente sovradimensionato per qualsiasi squadra di Serie C e D, rappresentando un costo fisso destinato a diventare un’opportunità solo dalla Serie B in avanti. L’oculatezza nella gestione economica sembra essere un altro caposaldo della mission aziendale amaranto. Non si vedranno probabilmente più triennali ad ultratrentenni o gestioni tecniche che non siano compatibili con i conti in ordine. La perplessità sta nel fatto che i campionati di Serie D e Serie C siano tornei dove è quasi inevitabile andare in perdita se si vuole essere ambiziosi. Per tornare almeno in Serie B, prima categoria dove il pareggio di bilancio è associabile ad un risultato sportivo adeguato, occorrono investimenti e fino ad allora i tifosi della Reggina sperano di non dover navigare in tanti anni di anonimato.