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Reggina, il marchio ma non solo: adesso serve la prova dei risultati

Il club stesso da mesi sottolinea l’importanza di imporsi nel prossimo torneo, sarebbe un “certificato d’adeguatezza”

Il 2 giugno 2003 la Reggina espugnava Bergamo nello spareggio di ritorno per la permanenza in Serie A e condannava l’Atalanta alla retrocessione in Serie B. Un’emozione che è ancora viva nel cuore dei tifosi della Reggina che hanno vissuto quel giorno. Anzi le due giornate, perché si doveva giocare un giorno prima ma il meteo rese necessario il rinvio. Il nubifragio e la grandine resero impraticabile il terreno di gioco dello stadio Atleti Azzurri d’Italia. Tutto rinviato al giorno della Festa della Repubblica. Il vantaggio nerazzurro con Natali e poi la rimonta amaranto firmata da Cozza e Bonazzoli (in rete nel finale). Sarebbe bastato pareggiare con gol dopo lo 0-0 dell’andata con le regole di allora, ma la rete del centravanti e la sua corsa verso il settore ospiti a braccia aperte contribuirono a consegnare un’istantanea storica ai tifosi amaranto.
Ventuno anni dopo la Dea è fresca vincitrice dell’Europa League, vive stabilmente ai vertici del campionato italiano ed europeo. In riva allo Stretto ci si lecca le ferite per i postumi del secondo fallimento in meno di dieci anni. Inutile, ovviamente, fare paragoni tra i contesti socio-economici e la tradizione calcistica delle due realtà. I parametri orobici sono evidentemente e storicamente migliori, ma si è saputo programmare e diventare ciò che si è adesso.
A Reggio Calabria, invece, dopo il picco della straordinaria epoca Foti, non si è più riusciti a costruire nulla. Neanche il minimo di una continuità calcistica, interrotta invece da due mancate iscrizioni. Dopo la prima rinascita garantita dalla famiglia Praticò (con gli altri soci reggini), la società è passata a proprietà che venivano dal di fuori del territorio reggino. Ci sono stati momenti belli, progetti che hanno esaltato la città ma si sono vissute gioie che, come racconta la storia, si sono rivelate estemporanee ed effimere.
L’acquisto del marchio, da parte della società del patron Ballarino e del presidente Minniti, sembra aver restituito compattezza all’ambiente. La tifoseria, almeno nella sua parte più ampia, pare pronta a vedere cosa il club sarà in grado di fare nella prossima stagione. Una curiosità che inizia anche a mischiarsi alla consapevolezza che questo è il momento di costruire qualcosa di più importante e duraturo di quanto vissuto nel recente passato. Il calcio è cambiato e chiunque ci sta dentro sottolinea spesso come la base di un progetto, anche virtuoso e privo di sprechi, sia necessariamente una proprietà solida. Sin dall’avvento della nuova società in città ci sono stati dei dubbi sulle potenzialità economiche del progetto. Oggi qualche risposta positiva è invece arrivata.
Per cancellare gli ultimi dubbi serve però un risultato sportivo netto e convincente. Reggio Calabria si aspetta un progetto all’altezza del proprio blasone calcistico. Il club già da mesi ha sottolineato la volontà assoluta di vincere il prossimo campionato di Serie D. Il primo posto nel prossimo campionato sarebbe un certificato di adeguatezza della proprietà della Reggina e può valere un compromesso tra l’ambizione dei tifosi e la necessità di pazientare magari un paio di campionati di Serie C per costruire una società che a livelli più con fondamenta che non siano d’argilla.

 

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