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Catena delle truffe, sgominata una banda: otto arresti

 Avevano pensato a tutto per portare a termini i loro lucrosi propositi di truffa: i contatti con le aziende del nord, le ordinazioni, le fideiussioni false a garanzia, dove depositare e piazzare la merce e persino il call center che garantiva la genuinità delle società fittizie. Ma gli otto arrestati nelle prime ore della mattinata di ieri, non avevano fatto i conti con la tenacia degli investigatori che avevano fiutato il “tanfo” della truffa e si erano messi da tempo sulle loro tracce. Gli arrestati rispondono a vario titolo di associazione per delinquere, ricettazione, truffa, falsità in scrittura privata e uso di atti falsi e falsificazioni e favoreggiamento personale. «Riteniamo – sono state le prime parole del procuratore capo Giuseppe Creazzo nel corso della conferenza stampa – di aver sgominato una articolata organizzazione dedita alle truffe e i cui capi in passato era già stati coinvolti in vicende analoghe. Siamo riusciti a risalire a diversi casi di truffe ma pensiamo che ce ne possano essere altre». Le truffe sarebbero da quantificare in un giro di affari di circa 1 milione di euro per quanto concerne il periodo messo sotto osservazione dell’operazione “Deja vu”. «È una operazione importante, che stronca una economia illegale che va a danneggiare gli imprenditori onesti inquinando il mercato». L’operazione è stata brillantemente portata a termine in maniera congiunta da Carabinieri e Guardia di Finanza, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip presso il Tribunale di Palmi. L’operazione è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Palmi e seguita dal sostituto procuratore Gianluca Gelso. «Era un meccanismo ben collaudato – ha spiegato Gelso – che si basava sulle false fideiussioni che fungevano da garanzia nelle operazioni di acquisto. Una volta che dal nord la merce veniva consegnata, questa veniva fatta sparire in danno ai fornitori ». A finire tra le maglie della giustizia: Giuseppe Bono, 42 anni, Michele e Rocco Paolo Caccamo, di 54 e 63 anni; Francesco Cosoleto, 35 anni, Pasquale Labate, 29 anni, Pino Priolo, 58 anni, Antonio Russo, 49 anni e Andrea Torre 52 anni. In totale sono 12 le truffe aggravate che vengono contestate ai danni di 9 aziende. Un conto corrente e 4 aziende fittizie sono state quindi poste sotto sequestro preventivo. «Il meccanismo – ha spiegato il comandante provinciale dei Carabinieri, Lorenzo Falferi – consentiva di superare ogni forma di controllo che gli imprenditori del nord cercavano di mettere in atto a garanzia delle loro vendite. L’organizzazione aveva messo in atto un sistema di scatole vuote che garantiva le credibilità delle operazioni. Avevano messo in piedi, anche attraverso l’istituzione di un call center, un meccanismo di risposte professionali, che assicurava le imprese del nord sulla regolarità delle ordinazioni». L’organizzazione trattava ogni tipo di merce, dal marmo ai vini pregiati. Tutta la merce truffata veniva piazzata sul mercato nero e permetteva ai criminali di realizzare grossi guadagni. L’organizzazione si serviva di alcune società di comodo, indispensabili ai fini dell’accreditamento presso il soggetto truffato. Merce per un valore di circa 500mila euro è stata recuperata dagli investigatori durante le indagini. Parte della stessa è stata già restituita. «Le indagini – ha spiegato il comandante della Compagnia di Gioia Tauro, Francesco Cinnirella –sono partite dal luglio del 2012 ed al riguardo vi sono due importanti momenti che hanno indirizzato la buona riuscita. Nel luglio del 2012 l’arresto di un autotrasportatore in flagranza di reato e nell’ottobre dello stesso anno una operazione di servizio che dal Veneto ci ha portato sino in Calabria, arrivando ad attenzionare dei soggetti che avevano creato questo sistema di aziende in realtà vuote ». Il colonnello Claudio Petruzziello, a capo del comando provinciale di Reggio Calabria, ha parlato «di numeri impressionanti e di una operazione condotta con assoluta celerità e collaborazione. Con questi meccanismi di truffa si getta ulteriore discredito all’economia del luogo già in seria difficoltà. Importante aver portato a termine in pochi mesi questa operazione». Il colonnello Vincenzo Caruso, alla guida della Fiamme Gialle di Gioia Tauro, ha evidenziato: «Le fideiussioni erano materialmente false, le banche che venivano richiamate erano all’oscuro di tutto. Chi le riceveva a garanzia si fidava perché erano riprodotte perfettamente. Poi c’erano questi finti call center bancari che in maniera professionale fornivano tutte le necessarie delucidazioni a conferma della bontà delle operazioni ». Concetti ripresi dal Tenente Giannico, che ha spiegato come l’organizzazione: «Poteva contare su capannoni dove la merce veniva allocata, per poi essere piazzata sul mercato nero con evidenti vantaggi economici ».

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