Contatti, confidenze, spiate tra gli uomini delle cosche sulle dinamiche preparatorie alla strategia della tensione, sugli anni di terrore (a cavallo tra gli anni ’80 e ’90) per le bombe piazzate e fatte esplodere a Roma, Firenze e Milano dalla mafia per indurre lo Stato ad alleggerire il regime del carcere duro imposto ai boss.
Sono infiniti gli input che la Procura distrettuale antimafia di Reggio, come riporta un servizio della Gazzetta del Sud in edicola, sta ricostruendo e svelando in Corte d’Assise dove si nchiesta «’Ndrangheta stragista», l’indagine sugli attentati consumati ai danni dei Carabinieri tra il 1993 e il 1994 quando nel Reggino sono stati messi a segno tre distinti, e in rapida successione, attacchi frontali all’Arma culminati nell’uccisione di due servitori dello Stato e il ferimento di altri quattro. Uno scenario che vede la sinergia criminale della mafia palermitana, dei boss catanesi e della ’ndrangheta reggina con l’appoggio, e la condivisione, delle altre espressioni della criminalità organizzata sparse su tutta la penisola italiana.
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