Appartengono perlopiù allo stretto nucleo familiare dei Cianci le persone coinvolte nell’operazione condotta dalla polizia di Stato con il coordinamento della Dda di Reggio Calabria. Dalle indagini è emerso che nonostante lo stato di detenzione in carcere, il presunto boss Domenico Cianci ha continuato ad impartire disposizioni per richiedere a proprietari terrieri, imprenditori e commercianti, il pagamento di somme di denaro e l'acquisizione di beni a titolo estorsivo. L’esistenza e l’operatività della cosca Cianci-Maio-Hanoman è stata accertata da precedenti inchieste della Dda di Reggio Calabria ("Tutto in famiglia" e "Vecchia Guardia"), che hanno fotografato la spartizione del territorio di San Martino di Taurianova, conteso tra le famiglie Cianci e Zappia che attualmente non risultano in conflitto. Anzi, coesistono esercitando, secondo gli investigatori, la loro influenza, imponendo estorsioni sulle operazioni immobiliari e attraverso l'antico metodo della «guardiania» sui fondi agricoli. Si tratta in realtà di un potere mafioso esercitato in un contesto essenzialmente agricolo e pastorale. Le persone arrestate, in particolare fratelli, generi e nipoti di Domenico Cianci, proprio a causa dello stato di detenzione del boss, hanno preso le redini della cosca, rispondendo, però, agli ordini del vecchio capo famiglia. Anche le donne di famiglia, Concettina Gligora e Rachela Cianci, avrebbero cooperato nelle attività mafiose, svolgendo ruoli di gestione del denaro e amministrazione del denaro oltre ad essere il tramite di comunicazione dei messaggi del capo famiglia detenuto verso l’esterno. Dalle indagini è emerso che Domenico Cianci al fine di eludere le disposizioni di legge che consentono il sequestro e la confisca dei beni in materia di misure di prevenzione e per agevolare il riciclaggio dei proventi dell’attività di estorsione ha intestato fittiziamente a Rachela Cianci la titolarità di vari terreni di grande estensione con annessi fabbricati rurali che il 20 giugno 2014 la donna ha venduto.