La 'ndrangheta è attiva anche in Valle d’Aosta. Quella che per anni è stata solo una supposizione, ora è più di un sospetto che dovrà essere confermato in Tribunale: «E' la prima volta che si sono raccolti elementi così consistenti e robusti in merito alla presenza di una 'localè di 'ndrangheta in Valle d’Aosta», ha detto il procuratore generale Francesco Saluzzo, illustrando l’operazione 'Geenna' - l’"immondezzaio" nella Bibbia - che ha portato all’arresto di 16 persone.
Per tutti le accuse vanno dall’associazione di tipo mafioso al concorso esterno, dall’estorsione tentata e consumata al tentato scambio elettorale politico-mafioso, fino al traffico illecito di droga, alla detenzione e ricettazione di armi e al favoreggiamento personale.
In manette - oltre al boss Bruno Nirta (detto 'La bestià), referente della cosca Nirta-Scalzone di San Luca - anche il consigliere regionale Marco Sorbara (eletto nelle fila dell’Union valdotaine), l’assessore di un piccolo comune alle porte di Aosta, un consigliere comunale del capoluogo valdostano e l’avvocato torinese Carlo Maria Romeo, protagonista nei più importanti processi di criminalità organizzata in Piemonte. Avviate nel 2014, le indagini - coordinate dalla Dda - sono state condotte dai carabinieri di Aosta e del Ros (guidato dal colonnello Michele Angelo Lorusso).
"Anche sotto le Alpi lo Stato combatte la mafia e le fa male" ha commentato il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra. Il blitz è scattato all’alba, vi hanno partecipato 200 militari. Per catturare Bruno Nirta - fratello di Giuseppe, assassinato nel sud della Spagna nel 2017 - a San Luca è stata impiegata l’unità speciale 'Cacciatori di Calabrià del Ros. "Non abbiamo fatto nessun latitante, abbiamo arrestato tutti» ha detto il colonnello Giancarlo Scafuri, vicecomandante del Ros. Oltre a un traffico internazionale di cocaina (tra Italia e Spagna), gli inquirenti hanno scoperto anche pesanti "interferenze» del sodalizio 'ndranghetista con la politica locale.
«I soggetti organizzati nella 'locale' aostana - ha spiegato la coordinatrice della Dda, Annamaria Loreto - vantavano rapporti significativi con esponenti del mondo politico che devono in parte la loro elezione al contributo della locale e che, in cambio, erano disponibili a dare all’organizzazione tutti i vantaggi derivanti dall’attività amministrativa: lavori pubblici, concessioni, appalti». In una regione di circa 100.000 elettori attivi, la cellula mafiosa "era nelle condizioni di influenzare le elezioni potendo contare su un significativo numero di persone (300-400) su cui esercitavano potere di intimidazione». Per accrescere il potere - secondo i magistrati - hanno anche cercato contatti con la massoneria valdostana.
Dalle indagini è emerso infine un tentativo di «scambio elettorale politico-mafioso» effettuato da Antonio Raso - titolare di un noto ristorante di Aosta - offrendo l’appoggio all’attuale sindaco, Fulvio Centoz, che però rifiutò la proposta. «Noi siamo per la legalità e difenderemo la legalità delle istituzioni di fronte a tutto e tutti» ha commentato il presidente della Regione Valle d’Aosta, Antonio Fosson.
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