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I narcos e le rotte della coca in Calabria, il pentito: "Anche le fiere erano un’occasione"

Un sequestro di droga e il collaboratore Antonio Femia

Le rotte della cocaina, i nomi dei broker, i contatti, i sistemi per aggirare i controlli. Parla da anni con le Procure antimafia di Reggio e Catanzaro il collaboratore di giustizia Antonio Femia, 37 anni, di Locri.

Ed è stato proprio lui, definito dalla Dda di Catanzaro «broker di primissimo livello del narcotraffico, in contatto con numerosi soggetti, anche stranieri, implicati nel traffico internazionale di stupefacenti», a indirizzare gli investigatori sulla pista giusta, quella sfociata la scorsa settimana in una raffica di arresti con l’operazione “Ossessione”.

Fermato dalla Dda di Reggio nel blitz “Santa Fè”, “Titta” Femia ha deciso subito di vuotare il sacco. E «fin dagli esordi della sua collaborazione – scrive la Dda di Catanzaro – faceva riferimento a soggetti dell’hinterland vibonese».

Dal suo “quartier generale” di Marina di Gioiosa Ionica, Femia avrebbe avuto a che fare più volte con gli uomini dei Mancuso, la potentissima cosca vibonese.

Femia racconta poi di un’idea per fare arrivare la coca in Italia: «Pino aveva interesse al nostro scarico a Gioia Tauro perché avevamo un ottimo contatto... Ma era interessato anche ad altre modalità di spedizione dal Sudamerica; mi parlò, ad esempio, di un macchinario che doveva essere spedito dall’Italia per presentazione ed esposizione in una Fiera a Santo Domingo».

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