La richiesta cautelare che ha portato nei giorni scorsi alla notifica in carcere a Tommaso Costa di un’ordinanza del gip distrettuale reggino per l’omicidio nel 1988 di Vincenzo Figliomeni “Brigante”, ruota attorno ai contributi dichiarativi del fratello Giuseppe Costa e di Crocefisso Casilini detto “Marcello”. Due figure che hanno assunto un ruolo centrale nella “faida di Siderno” che tra la fine anni degli ‘80 e gli inizi degli anni ‘90, ha visto contrapposte le consorterie dei Costa e dei Commisso. In particolare, Giuseppe Costa era ritenuto a capo dell’omonima consorteria operante nella “società di Siderno”, mentre Crocefisso “Marcello” Casilini aveva assunto un ruolo di componente del gruppo di fuoco, con lo specifico incarico di autista, impiegato dai Costa per portare a termine numerose azioni delittuose contro il gruppo avverso.
Nell’ordinanza si evidenzia la «straordinaria convergenza del dichiarato dei due collaboratori in relazione a fatti omicidiari ulteriori rispetto a quelli oggetto della richiesta, ciò al fine di sottolineare la genuinità del dichiarato e l’elevata credibilità di Costa e Casalini».
Il loro contributo dichiarativo rientra, tra l’altro, anche in relazione di un altro omicidio, quello di Domenico Archinà, assassinato a Siderno il 25 maggio del 1991. A tal proposito Giuseppe Costa, nel corso dell’interrogatorio del 29 novembre del 2012, racconta agli inquirenti: «Sull’omicidio di Archinà posso dire che c’è stato un errore; io avevo mandato Donato Giordano e Casalini Crocefisso per uccidere Cosimo Commisso “u quaglia”; in realtà Cosimo Commisso aveva una forte somiglianza con questo Archinà così Donato Giordano sparò ad Archinà; io non avevo alcun motivo per far uccidere Archinà; Archinà e Commisso si somigliavano per il fisico, per la statura, per i capelli.
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