Finisce all’attenzione della Direzione nazionale antimafia il caso dell’imprenditore della Locride che ha denunciato più volte danneggiamenti da parte delle “vacche sacre”. Uno strumento di «pressione, distruzione, danneggiamento ed impedimento di ogni iniziativa colturale e zootecnica» per «chiara finalità estorsiva»: non ha dubbi Bruno Bonfà, che vive ormai da anni sotto scorta, ascoltato in audizione nei giorni scorsi proprio dalla Dna che dunque ha deciso di seguire direttamente la vicenda.
L’ultimo episodio è recentissimo e s’innesta in un mosaico fatto «di continue incursioni degli animali eseguite – denuncia lo stesso Bonfà – sfondando la recinzione, abbattendo i pali e tagliando il filo spinato messo a protezione».
Tutto ciò avverrebbe «in aperta sfida all’attenzione manifestata dal prefetto, dal questore, dal Comando provinciale della Guardia di Finanza e dai Carabinieri, quindi del comitato per l’ordine e la sicurezza e degli agenti di scorta che colgo l’occasione per ringraziare».
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