Ottobre 2010: Nino Lo Giudice era in galera per l'operazione “Bless”, arrestato dalla Squadra Mobile della Questura reggina, quando decise di saltare il fosso, rinnegare la 'ndrangheta e recidere il legame, fortissimo, che aveva con la sua famiglia - che capeggiava - indicata come una delle anime mafiose dei quartieri Santa Caterina e Tremulini.
Ma Nino Lo Giudice, conosciuto proprio negli ambienti della 'ndrangheta cittadina come il “nano” (nomignolo che ancora oggi si porta dietro), è stato a un passo dal pentirsi, e dal vuotare il sacco ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia, già 15 anni prima. «Tra il '91 e il '93, quando ero al “41-bis” all'Asinara» ha raccontato in Corte d'Assise (giovedì nel corso della prima tranche di un lungo, intenso, esame) nel processo «'Ndrangheta stragista».
Un'idea che però non ebbe seguito come lo stesso pentito ha spiegato al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo: «In quel periodo non riuscivo ad accusare familiari ed amici, sì la mia famiglia e i miei amici di sempre: è questo che mi ha frenato e mi ha convinto a fare un passo indietro».
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