L'esistenza del direttorio della 'ndrangheta di Reggio, una “cupola” cittadina che teneva in pugno l'area del mandamento “Centro” (dal cuore commerciale del Corso Garibaldi e dalla roccaforte Archi fino a Villa San Giovanni, a nord, e il litorale di Lazzaro a sud) decidendo affari e dinamiche mafiose, prendendo posizione per dirimere eventuali controversie tra le tante anime mafiose del territorio.
Superato l'esame dei primi due gradi di giudizio (anche in Appello con un verdetto pesante come un macigno avendo conteggiato quindici condanne per oltre due secoli di carcere e pene che hanno toccato la punta dei 27 anni di galera: ed era il filone con rito ordinario) il processo “Meta” approda oggi davanti ai Giudici Supremi della sesta sezione penale.
In Cassazione è prevista una vera e propria maratona, con l'intervento del Procuratore generale, il nutrito collegio difensivo, i legali delle parti civili: una trentina di discussioni.
Il cuore del processo “Meta” coincide proprio con la pozione processuale dei componenti il “direttorio”, i quattro “mammasantissima” della criminalità organizzata reggina che dal lungo dibattimento processuale in Tribunale condividevano il medesimo modo di pensare (sotto il profilo strategico-criminale): Giuseppe De Stefano il “crimine”, Pasquale Condello “il supremo”, Giovanni Tegano “uomo di pace” e Pasquale Libri “il custode delle regole” (deceduto nel corso del processo, ndr).
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