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'Ndrangheta, i progetti dei clan per eliminare i giudici scomodi

Palazzo Giustizia di Reggio Calabria

Negli anni delle stragi continentali - le bombe fatte esplodere da “Cosa nostra” a Roma, Firenze e Milano per ricattare lo Stato e persuaderlo ad ammorbidire le regole del carcere duro - la 'ndrangheta progettava di uccidere magistrati. Più di un uomo dello Stato.

Il pentito Pasquale Nucera, un passato da uomo d'onore di Montebello nell'orbita della 'ndrina Iamonte, è ritornato indietro con la memoria ai primi anni Novanta rispondendo alle domande del procuratore aggiunto della Dda reggina, Giuseppe Lombardo, che l'ha interrogato in Corte d'Assise nel processo «'Ndrangheta stragista».

Il collaboratore di giustizia rivela due episodi che avrebbero avuto a piazza Castello l'epicentro della strage mancata: «Alla buonanima di Tuccio volevano sparare proprio dal Castello mentre entrava in Tribunale (il vecchio Palazzo di giustizia oggi sede della Corte d'Appello, ndr).

E un altro magistrato era seguito dalle famiglie di 'ndrangheta di Reggio, da eliminare in zona Tribunale sparando dal Castello». Due progetti rimasti fortunatamente senza seguito. Pasquale Nucera rimarca l'utilizzo delle cariche di esplosivo che le famiglie di ndrangheta ricavano dalle stive della “Laura C”, la nave della Seconda guerra mondiale affondata al largo delle coste cittadine: «Dalla “Laura C” veniva preso l'esplosivo e poi veniva venduto. Ricordo che c'era un cementificio vicino al torrente che apparteneva alla famiglia Iamonte dove portavano l'esplosivo in quanto bisogna prima lavorarlo per poi cederlo a terzi. E la zona la ricordo bene perchè la vicino andavo a pescare».

Nel processo «'Ndrangheta stragista» - la cui prossima udienza sarà in trasferta a Bologna per l'impedimento di poter sentire in Assise a Reggio alcuni testimoni chiave - vedono sul banco degli imputati il reggino di Melicucco, Santo Rocco Filippone, e il boss del Brancaccio Palermo, Giuseppe Graviano. Entrambi ritenuti le menti degli attentati ai Carabinieri consumati a Reggio a cavallo tra il 1993 e il 1994 nell'ambito delle stragi sull'asse “Cosa nostra” palermitana e catanese e 'Ndrangheta reggina.

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