La fuga dal tetto del carcere centrale di Montevideo del boss della 'ndrangheta Rocco Morabito è stata una sorpresa per molti ma non per tutti. Non lo è stata per gli 007 uruguayani.
La rivelazione è dell’emittente Vtv Noticias che afferma di avere visionato un documento firmato dal Dipartimento di investigazioni e analisi penitenziario datato 6 giugno 2018 che evocava lo scenario di una possibile fuga. Un allarme, tuttavia, che evidentemente non è stato preso in considerazione dalle autorità penitenziarie.
Ma al di là del generico allarme su una eventuale evasione, ad essere sconcertanti sono le modalità indicate nello stesso rapporto. Gli 007, infatti, sostenevano che Morabito sarebbe uscito dal sesto piano della prigione, passando sul tetto di un supermercato per entrare in un appartamento confinante con il recinto del penitenziario.
Esattamente quello che è accaduto. Il ministero dell’Interno dell’Uruguay dice di avere preso visione del documento soltanto ieri ed ha aperto un’inchiesta, parallela a quella della Procura generale, per cercare di venire a capo della fuga e delle eventuali complicità, ma soprattutto per cercare di localizzare e catturare nuovamente il boss.
Una stranezza, quella delle modalità dell’evasione, che fa il paio con un’altra evidenziata dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho. «Morabito ci doveva essere consegnato già da marzo - ha detto lapidario -. L’autorità giudiziaria aveva deciso l’estradizione ma i ritardi gli hanno evidentemente consentito la fuga. È un fatto gravissimo».
Ritardi che non dipendono dall’Italia, tengono comunque a precisare fonti del Ministero della Giustizia che evidenziano come in Uruguay sono previsti tre gradi di giudizio per la procedura di estradizione e Morabito aveva presentato ricorso alla Suprema Corte di Giustizia contro la sentenza della Corte d’appello che si era espressa a favore del ritorno in Italia.
de Raho, comunque, sa bene chi è Morabito. Era a capo della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria quando il "re" del narcotraffico fu catturato a Montevideo, il 4 settembre 2017, grazie anche alle indicazioni fornite dai carabinieri del Comando provinciale reggino. Ed era il suo ufficio a coordinare il lavoro degli investigatori dell’Arma.
Quegli stessi investigatori che adesso si sono già rimessi in pista per cercare di rintracciare nuovamente l’ex primula rossa della 'ndrangheta che prima di finire in cella aveva vissuto per 23 anni da latitante. I carabinieri sono stati informati subito
dalle autorità uruguayane, tramite il Servizio di cooperazione, dell’evasione del boss anche se, in realtà, i contatti con il Paese sudamericano non si erano mai interrotti, neanche dopo la cattura.
In questi anni, infatti, i carabinieri si sono costantemente informati sui vari passaggi giudiziari che avrebbero dovuto portare all’estradizione. Il timore, adesso, è che il boss Morabito abbia già lasciato l'Uruguay, magari per raggiungere il vicino Brasile. Un paese a lui evidentemente caro visto che quando fu arrestato aveva numerosi documenti falsi, tutti brasiliani.
Per non parlare della rete di complicità su cui può contare in tutto il Sud America. Una rete costruita negli anni grazie agli ottimi rapporti stretti con i narcos dai quali acquistava tonnellate di cocaina pagando rigorosamente in contanti e puntualmente. Timori che, in ogni caso, non scoraggiano gli investigatori reggini dell’Arma, abituati a lavorare su latitanti di lungo corso che si nascondono all’estero. La caccia è riaperta.
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