«I fermati avevano letteralmente terrorizzato e soggiogato con metodi violenti e mafiosi tantissimi commercianti e imprenditori di Locri e dintorni, imponendo il pagamento di tangenti, forniture alimentari, inquinando così il libero mercato e soffocando la libera impresa, sostituendo progressivamente una classe imprenditoriale onesta e legittimata da decenni di lavoro trasparente». Lo ha detto il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri incontrando i giornalisti per illustrare i dettagli dell’operazione contro i Cordì insieme al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ed i comandanti provinciali della Guardia di Finanza e dei Carabinieri, i colonnelli Flavio Urbani e Giuseppe Battaglia. «E proprio da una parte di questo mondo che non vuole rassegnarsi alla tirannìa mafiosa - ha sottolineato Bombardieri - è venuto un moto di ribellione sfociato in una denuncia alle forze di polizia, che l’hanno raccolta facendo emergere una situazione di disagio che definire allarmante è davvero poco». L’inchiesta contro i Cordì, hanno ricordato gli inquirenti, era scattata da una segnalazione pubblica del sindaco di Locri Giovanni Calabrese, che aveva pubblicamente denunciato i reiterati casi di assenteismo negli uffici del comune. Da qui, la raccolta degli indizi da parte della Guardia di finanza del Comando provinciale, a cui si è affiancato il lavoro investigativo dei carabinieri del gruppo speciale di Locri sulla gestione del cimitero. «E' venuto fuori - ha detto Lombardo - che due dei fermati, Cosimo e Gianfranco Alì, vicini alla cosca Cordì, non solo non sottoscrivevano la loro presenza in ufficio quotidianamente, ma di fatto e contro ogni regola, si erano impossessati del cimitero, erigendo cappelle e edicole funerarie senza autorizzazione, disseppellendo le salme senza avvisare i parenti dei defunti, e guai a protestare, per utilizzare i terreni resi liberi a fine edificatorio. Gli stessi, insieme ad altri fermati, come i fratelli Cordì, Guido Brusaferri e Salvatore Dieni godendo della protezione del boss Vincenzo Cordì, avevano di fatto monopolizzato la fornitura di pane, controllando così la catena della distribuzione alimentare. Ed ancora, imponendo la tangente su ogni lavoro pubblico. E non solo vanno aggiunti i reiterati attentati e minacce contro pubblici amministratori comunali, funzionari dell’ente, e in ultimo, le minacce contro il sindaco Calabrese eseguite con modalità insidiose ed allusive consistite nella minaccia di fargli scomparire le spoglie dei parenti sepolti in cimitero». «L'indagine - ha detto ancora Bombardieri - esalta l'efficacia dei reparti dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, la consistenza della risposta dello Stato che abbisogna sempre di più non solo di persone, imprenditori che hanno coraggio di esporsi e vanno protetti, ma di un moto di reazione dell’opinione pubblica che contribuisca a liberarci di questa cappa di paura e di violenza che toglie il respiro ad ogni accenno di attività di impresa e condiziona pesantemente l'attività delle amministrazioni locali».