Prestiti da usurai e truffa ai clienti. Questa l'accusa nei confronti del direttore e di sei impiegati di un ufficio finanziario di Reggio.
Una indagine portata avanti dal comando provinciale della guardia di finanza di Reggio Calabria che adesso hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai 7 indagati di far parte, sin dal 2012, di una presunta associazione a delinquere composta dal direttore di un ufficio finanziario “small business” incardinato nella sede centrale reggina di un noto istituto bancario nazionale e da sei dipendenti del medesimo ufficio, che avrebbe commesso i reati di usura, estorsione e truffa, anche aggravati.
Le indagini, svolte dai finanzieri della compagnia di Reggio, sono state coordinate dal procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri e dall'aggiunto, Gerardo Dominijanni, e dirette dal sostituto procuratore, Nunzio De Salvo.
Promotore dell’associazione sarebbe, secondo l'accusa, il direttore dell’ufficio finanziario che, coadiuvato dai suoi dipendenti, avrebbe messo in atto una serie condotte estorsive e truffaldine, tese a indurre i clienti dell’istituto di credito, titolari di imprese commerciali, ad aderire a polizze assicurative, prospettate come una garanzia necessaria e indispensabile per ottenere i finanziamenti richiesti all’istituto.
Nello specifico, le persone offese sarebbero state costrette o comunque indotte con l’inganno a contrarre tali finanziamenti, in modo tale da far conseguire all’istituto di credito le commissioni spettanti all’intermediario tra le imprese-clienti e le società di assicurazione per l’adesione alle citate polizze assicurative, al fine ultimo di conseguire premi in denaro che l’istituto medesimo avrebbe riconosciuto sia ai singoli operanti, appartenenti all’associazione a delinquere, sia al loro ufficio di appartenenza.
E gli episodi di minacce estorsive non si sarebbero limitate soltanto a questa tipologia.
In altri casi, infatti, il direttore dell’ufficio, in concorso con i dipendenti coinvolti, avrebbe ricattato i titolari di imprese commerciali di classificare il debito della società nei confronti della banca quale “in sofferenza” e, quindi, di segnalare l’impresa alla centrale dei rischi della Banca d’Italia, corredando l’ingiustificata minaccia con quella di fallimento della società e di sequestro dei possedimenti personali dei coartati imprenditori.
Servendosi di queste “intimidazioni”, quindi, il direttore dell’ufficio avrebbe indotto i clienti, in maniera forzata, a sottoscrivere ingenti finanziamenti per estinguere la posizione debitoria, nonché a stipulare, allo scopo di ottenere il finanziamento, polizze assicurative presentate come obbligatorie ma, in realtà, assolutamente facoltative.
Contestato anche l'abuso di prestazioni d’opera: gli indagati stessi avrebbero approfittato del rapporto fiduciario instaurato dall’istituto bancario con le persone offese, che sono state identificate, per il periodo oggetto di indagine, in ben diciassette persone fisiche e nell’istituto bancario di appartenenza dei soggetti.
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