«Dalle indagini è emerso un quadro desolante rispetto alla gestione dell'ufficio tecnico comunale a Villa San Giovanni»: in conferenza stampa per illustrare i temi d'accusa dell'operazione “Cenide” il procuratore di Reggio, Giovanni Bombardieri, affiancato dal comandante provinciale, colonnello Giuseppe Battaglia, e dai responsabili di Reparto operativo e Nucleo investigativo, tenente colonnello Massimiliano Galasso e maggiore Marco Vatore, non ha dubbi nel sottolineare la gravità di quello che è stato etichettato come il “metodo Morabito”. Sì, perché - secondo gli inquirenti - tra appalti da aggiudicare, gare da pilotare, aste da turbare, incarichi professionali da assegnare pescando da una cerchia ristretta il deus ex machina del Settore Urbanistico del Comune di Villa San Giovanni avrebbe deciso i destini dell'imprenditoria, del commercio, dello sviluppo e della politica della città dello Stretto. Nei confronti del 61enne Francesco Sincero Antonio Morabito la Procura distrettuale antimafia aveva anche avanzato l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, tratteggiando un profilo «non da organico alle cosche», ma di puntuale agevolatore. Da concorrente esterno all'associazione mafiosa. Un'ipotesi di reato che il Gip di Reggio ha respinto, disponendo la custodia in carcere ma circoscrivendo la mafiosità al modus operandi e tecnicamente contestando l'aggravante mafiosa in relazione ad una turbativa d'asta. «Sul punto stiamo valutando di fare appello» ha rimarcato ai cronisti il procuratore Giovanni Bombardieri. Proprio l'ingegnere Morabito sarebbe riuscito a conciliare le esigenze delle due anime mafiose che dettano legge, storicamente, a Villa San Giovanni. Ed esattamente la cosca “Zito-Bertuca” su un fronte e la cosca “Buda-Imerti” sull'altro: «entrambe operanti nel territorio ricadente nei comuni di Villa San Giovanni, Fiumara di Muro e località vicine, in passato conteso dalle stesse per ragioni di supremazia esclusiva, e quali propaggini, rispettivamente, della cosca Condello e dalla cosca De Stefano di Archi, ma attualmente condiviso in un rapporto di vicendevole collaborazione, la cui operatività è stata riconosciuta da sentenze» . A carico di Morabito i Pubblici ministeri Walter Ignazitto e Luca Gelso spiegano: «L'apporto fornito alla conservazione ed al rafforzamento dell'organizzazione criminale, nonché al perseguimento delle relative finalità delittuose, consisteva nello stringere uno stabile, solido e proficuo pactum sceleris con i rappresentanti delle articolazioni territoriali (tra gli altri Bertuca Pasquale e Vincenzo, Buda Santo e rispettivi sodali) ed in particolare: il Morabito, in occasione delle competizioni elettorali per il rinnovo degli organismi elettivi delle istituzioni comunali e provinciali, chiedeva e riceveva, per sé e/o per i candidati da lui indicati, i voti raccolti dai rappresentanti delle cosche di 'ndrangheta nelle aree territoriali di rispettiva pertinenza». Ed inoltre «riceveva protezione da parte dei rappresentanti delle 'ndrine e la possibilità di utilizzare i loro metodi intimidatori per imporre le proprie regole nei rapporti con i terzi; quale controprestazione, Morabito assicurava la sua disponibilità per garantire ai rappresentanti di quelle articolazioni di 'ndrangheta l'aggiudicazione di appalti ed il conferimento di incarichi pubblici, la risoluzione di problematiche di vario genere presso la pubblica amministrazione, la positiva definizione di contenziosi amministrativi, il rilascio di titoli abilitativi edilizi, l'omissione di demolizione di manufatti abusivi».