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Retata a Sant'Eufemia, dal pizzo alla tassa ambientale: tutti dovevano pagare

Foto Attilio Morabito

L’attività di indagine avrebbe consentito, secondo quanto cristallizzato nell’ordinanza di custodia cautelare, di portare alla luce diversi episodi estorsivi di cui si sarebbero resi responsabili, a vario titolo, i componenti della cosca, anche al fine di infiltrarsi negli appalti pubblici e nell’economia locale.

È uno dei retroscena che emerge dall'operazione Eyphemos, che ieri ha portato a 65 arresti nella zona di Sant'Eufemia d'Aspromonte.

Nel dettaglio, i delitti di estorsione sono stati contestati a: Domenico Laurendi, «per aver costretto con minacce il titolare di un’impresa edile, in relazione ai lavori aggiudicati dal Comune di SanProcopio per il ripristino ed adeguamento di un edificio scolastico, a versare una somma di denaro imprecisata, sicuramente non inferiore a mille euro».

Domenico Laurendi e Vincenzo “Ceo” Carbone, per «aver costretto con violenza e minacce il titolare di una società ad assumere maestranze indicate dalla consorteria criminale nonché a pagare un’imprecisata somma di denaro, in relazione a lavori di ristrutturazione di un edificio a Sant’Eufemia d’Aspromonte, aggiudicati con appalto pubblico».

Domenico Laurendi perché «partecipando agli utili derivanti dall’esecuzione dell’appalto di risanamento dal dissesto idrogeologico di un’area all’interno del centro abitato di Sant’Eufemia d’Aspromonte per circa 700mila euro, costringeva con minacce il titolare di un'azienda di altra regione, ad inserire nell’Associazione temporanea di imprese la ditta “Costruzioni Flores”, riconducibile a Saverio Napoli, nonché a concedere in subappalto opere per l’ammontare di 100mila euro alle ditte di Domenico Laurendi».

E ancora altre ipotesi di estorsione pendono su: Domenico Laurendi e Carmine “Carmelo” Quartuccio, che avrebbe costretto «con violenza e minacce un imprenditore reggino ad affidare parte dei lavoridi adeguamento, di riqualificazione tecnologica e di miglioramento dell’efficienza finalizzati al risparmio energetico degli impianti di pubblica illuminazione - che con la ditta di cui era titolare si era aggiudicato per l’importo di 81.802,90 euro - ad assumere maestranze ed impiegare i mezzi della ditta di Carmine Quartuccio, acquisendo la disponibilità di 20mila euro (prezzo della tangente); Domenico Laurendi, Natale Lupoi detto “beccaccia” e Carmelo Napoli, che avrebbero costretto «il titolare di un’impresa esecutrice di lavori di completamento di una strada pubblica, aggiudicati per un importo complessivo di 330mila euro, a versare una somma di denaro a titolo di “tassa ambientale”, progettando atti minatori o di danneggiamento per indurre la vittima, che stava indugiando a prendere contatti con i referenti mafiosi sul territorio, a rivolgersi all'organizzazione mafiosa per comprare “la tranquillità”.

Tentata estorsione, infine, per Francesco Crea: «Dopo aver concesso a un soggetto un prestito di euro 57mila e avere ottenuto la restituzione di 65mila – sostiene l’accusa – compiva, con metodo mafioso, atti univocamente diretti a procurarsi un ingiusto profitto consistente nella disponibilità di una ulteriore somma di denaro pari a 35mila euro, senza titolo alcuno, con correlativo danno per la persona offesa». Il metodo mafioso si sarebbe concretizzato «nella simulazione di appartenenza alla nota famiglia mafiosa Crea di Rizziconi, di cui spendeva comunque il nome, accompagnata alla richiesta di corresponsione di denaro, nonché nell'effettuazione di continue telefonate dal contenuto minatorio alla vittima e nel portarsi fin sotto l'abitazione della vittima». Il piano non si sarebbe concretizzato perché la parte offesa, pur non denunciando, avrebbe deciso di rivolgersi ad Antonino Creazzo, «di cui conosceva le amicizie mafiose, perché intervenisse in suo favore per fare cessare le pretese estorsive ai suoi danni».

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