Telefoni da migliaia di euro criptati, stile di vita informale e dimesso, spostamenti in treno e incontri senza smartphone al seguito. Molto furbi e, soprattutto, particolarmente prudenti: questo uno dei più significativi identikit tracciati dagli investigatori dei carabinieri del Comando provinciale di Bologna nell'illustrare altri particolari dell'operazione antidroga Aquarius, scattata martedì scorso sull'asse Emilia Romagna-Toscana-Calabria.
Ad occupare, secondo i carabinieri e i magistrati della Dda bolognese, il ruolo di vertice dell'organizzazione il calabrese, Nunzio Pangallo, 46 anni, arrestato nel suo paese d'origine, Africo, dai carabinieri della compagnia di Bianco.
Pangallo, oltre ad essere considerato dagli inquirenti un affiliato al presunto e ramificato clan della 'ndrangheta dei Morabito-Bruzzaniti-Palamara, è pure il cognato del potente narcotrafficante Rocco Morabito, alias “Tamunga”, la primula rossa dell'omonima famiglia africese, noto pure per aver trascorso una latitanza di 23 anni in Sud America per poi essere arrestato dalla polizia boliviana nel 2017 ed evadere prima dell'estradizione, nel 2019, dal carcere di Montevideo.
Con l'operazione “Aquarius”, gli investigatori dei carabinieri e i magistrati bolognesi si sono detti sicuri di aver smantellato, anche se l'inchiesta a breve potrebbe avere un ulteriore scatto di reni, un'organizzazione criminale ritenuta in stretto contatto col clan della 'ndrangheta di Africo e che riforniva di cocaina purissima le piazze di spaccio di Bologna e dell'hinterland fiorentino. Dieci in tutto le persone colpite da misure cautelari.
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