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"Soldi al giudice per scarcerare boss clan Bellocco", l'intercettazione che tira in ballo Veneto

Il tribunale di Palmi

Sarebbero le parole di due avvocati a inguaiare il principe delle toghe calabresi, il presidente dell'Unione Camere penali italiane Armando Veneto che poche settimane fa ha ricevuto dalla Dda di Catanzaro un avviso di conclusione delle indagini per le ipotesi di corruzione in atti giudiziari e concorso esterno. Secondo l'accusa sarebbe stato lui a fare da intermediario tra esponenti del clan Bellocco e membri della magistratura per avere scarcerazioni facili e sentenze favorevoli. Dopo la notifica del provvedimento sono stati depositati gli atti di un'inchiesta durata praticamente dieci anni. Tra le carte sono così spuntate le intercettazioni captate nello studio dell'avvocato Vincenzo Minasi e le dichiarazioni rese da un altro avvocato divenuto collaboratore di giustizia Vittorio Pisani.

Per risalire alla genesi del fascicolo bisogna tornare al 2009, esattamente al 17 agosto quando nel carcere di Bologna viene intercettato un dialogo tra l'esponente del clan Bellocco Rocco Gaetano Gallo e sua moglie. Nel corso del colloquio i due sostenevano la necessità di nominare come difensore l'avvocato Veneto che avrebbe potuto contare sull'amicizia di un giudice. In un altro dialogo captato Rocco Bellocco “consigliava” agli avvocati di presentare ricorso al Riesame di Reggio Calabria davanti ai giudici di una determinata sezione. In effetti l'ordinanza che aveva portato dietro le sbarre i Bellocco venne annullata dai giudici del Tdl reggino.

L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud, edizione Calabria

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