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In quarantena da 70 giorni: l'odissea di una famiglia di Palmi colpita dal Coronavirus

In quarantena da 70 giorni senza sapere quando finirà questo calvario. È la grave situazione che sta vivendo una famiglia di Palmi, sollevata dall’avvocato Pasquale Saffioti che ha scritto al ministro della Salute, Roberto Speranza, «per renderlo edotto della grave situazione che stanno vivendo ormai da mesi alcuni nostri concittadini (ma non solo) a seguito del piccolo focolaio di Covid-19 che ha interessato alcune zone cittadine».

L’avvocato Saffioti spiega di aver segnalato al ministro «il grave prezzo che stanno pagando dopo circa 70 giorni di quarantena, non soltanto per la privazione della libertà personale (ovviamente sacrificio necessario per la salvaguardia dell’interesse generale), ma anche per le conseguenze psicologiche derivanti da restrizioni che vanno ad aggiungersi ai mesi di lockdown».

«È stata anche l’occasione per rivolgere al ministro alcune considerazioni, con conseguente richiesta di intervento, e per porgli alcuni interrogativi sulla gestione della vicenda e sulla opportunità di vincolare, in casi analoghi a quello che ci occupa, la libertà dei pazienti posti in isolamento all’esito del doppio tampone, a scapito dei criteri clinici. In particolare, ho ritenuto di far presente al ministro che nella specie i soggetti posti in quarantena sono asintomatici, mentre addirittura vi sono anche degli individui ormai negativizzati. Si tratta di un unico nucleo familiare. Gli asintomatici nelle ultime settimane alternano tamponi positivi a tamponi negativi, gli altri non sono più risultati positivi pur convivendo nella medesima unità immobiliare».

Secondo il legale del foro di Palmi, «ciò pone degli evidenti dubbi sulla capacità dei riferiti soggetti di trasmettere il virus dopo circa 70 giorni di quarantena. Pertanto, ho ritenuto di far presente al ministro della Salute che oggi sarebbe necessario, e sicuro, liberare i pazienti dall’isolamento sulla base di criteri clinici, piuttosto che sulla ripetizione dell’esame del tampone, che può continuare a rilevare tracce non vitali di Rna per molte settimane, non pericoloso e, quindi, non contagioso, come già da tempo molti Paesi d’Europa (inclusi Francia, Germania, Regno Unito, Svizzera e altri) stanno facendo. L’Italia, invece, mantiene ad oggi le procedure più strette e vincolanti, richiedenti doppio tampone negativo».

Una situazione che fa porre all’avocato Saffioti una serie di quesiti: «È necessario, quindi, sacrificare la libertà personale di persone sulla base di un risultato, quello del doppio tampone, quando vi è la possibilità di avere la certezza della non trasmissibilità del virus? È opportuno processare centinaia e centinaia di tamponi quando vi è l’opportunità di procedere attraverso dati clinici? È opportuno sottoporre dei cittadini incolpevoli ad una quarantena che potrebbe essere infinita, quando la difesa dell’interesse collettivo può essere bilanciato senza sacrificare diritti fondamentali per mesi e mesi? La mia risposta è no – conclude Saffioti – attendiamo quella del ministro alla Salute e degli uffici».

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