«Siamo stati allontanati dalla comunione fraterna senza neanche essere invitati al chiarimento. Il tutto eseguito in fretta e nel nome del Signore per preservare (udite, udite!) la settimana ecumenica. Ci hanno chiesto di fare un passo indietro e noi lo abbiamo fatto immediatamente tramite messaggio whatsapp. Ma non è stato sufficiente, così i fratelli, pieni di furore farisaico, ci hanno voluto umiliare pubblicamente attraverso una nota stampa e senza nemmeno una comunicazione diretta».
Intervengono a muso duro i pastori della chiesa di Catona, finita nell’occhio del ciclone per le accuse rivolte al consigliere Massimo Ripepi, dopo la richiesta di autosospensione da parte del Consiglio delle Chiese. «Per raderci al suolo – si legge in una nota diffusa ieri – è stato calpestato per la prima volta nella storia lo statuto del Consiglio che prevede che qualunque decisione debba essere presa all’unanimità assoluta (non solo dei presenti). Noi mai ci siamo permessi di fare lo stesso ai nostri fratelli cattolici in circostanze nettamente più gravi, allorquando sacerdoti cattolici in questi anni sono stati coinvolti in gravissime inchieste di pedofilia. Quindi due pesi e due misure, per fatti che non sono neanche lontanamente paragonabili».
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