Reggio

Venerdì 22 Novembre 2024

Due medici reggini tra i cento mila scienziati più produttivi degli ultimi 10 anni

La medicina li ha fatti incontrare, “soggiogati”, lei appena diciottenne e lui con otto anni in più, dal classico colpo di fulmine giovanile. Presto la gioia più grande, la figlia Giuseppina, avvocato, e adesso la scienza li acclama tra i centomila scienziati mondiali più produttivi degli ultimi dieci anni, inclusi fisici, astronomi chimici e altri venti ambiti di ricerca, tra cui la medicina. È la storia di una coppia straordinariamente complementare nella vita e nella professione. Quella composta dalla professoressa Francesca Mallamaci - attuale direttrice dell'Unità operativa complessa di Nefrologia del Grande Ospedale Metropolitano - e dal marito, il professore Carmine Zoccali, che l'ha preceduta in questo incarico importante ed è stato anche presidente della Società europea di Nefrologia. I due medici reggini sono citati dal giornale “Plos one Biology” che ha stilato questa speciale classifica (che comprende il due per cento di tutti gli scienziati mondiali scientificamente attivi) ed in particolare, tra i pochissimi italiani, Carmine Zoccali è tra i primi quattromila e il diciassettesimo in assoluto al mondo tra i nefrologi. Anche Francesca è inclusa nella lista tra i primi 90 mila ed ha un'ottima posizione tra i nefrologici. «Siamo molto orgogliosi di questo riconoscimento che richiama l'attenzione sulle intelligenze e le professionalità che operano al Grande Ospedale Metropolitano e gli rendono lustro. Una ulteriore testimonianza - osserva il commissario straordinario Iole Fantozzi - di come la dedizione e la professionalità paghino sempre». Lui, “dall'intelligenza più logica”, che già nel lontano 1989 si è battuto per disporre della prima cartella digitalizzata. Lei, “dall' intelligenza più emotiva”, sempre accanto al paziente. Insieme, hanno contribuito a costruire la Nefrologia di oggi, che è una delle realtà più all'avanguardia del Gom. «Tante cose sono cambiate, partendo da quei filtri che un tempo i medici come Carmine dovevamo assemblare per potere fare l'emodialisi. Una specialità eroica, definirei la Nefrologia - osserva la Mallamaci - che ha avuto la sua grande rivoluzione nell'arrivare a classificare cinque stadi di malattia di insufficienza cronica. A fronte di una percentuale minoritaria di pazienti che va in dialisi, il dieci per cento soffre di malattie renali. Il dato - che arriva a coinvolgere il 40 per cento della popolazione che supera gli ottant'anni - fa certamente riflettere e va prevenuto». Trent'anni di vita insieme, condividendo la scelta di fondo: la Nefrologia. «Ho deciso da donna che ha i piedi per terra. Se avessi optato per una branca diversa da quella di mio marito, ci saremmo trovati in parti del mondo diverse ad inseguire i progressi della scienza. Ed invece, il nostro è stato un andamento familiare di successo - rilancia Francesca - incentrato sulla ricerca clinica che ha una importante componente organizzativa in quanto diretta ai pazienti e richiede la creazione di reti di collaborazione tra clinici interessati a migliorare le conoscenze sulle malattie renali e la cura dei nostri malati». Così, insieme hanno realizzato tappe di successo personale, puntando sulla sanità pubblica, di cui la Nefrologia rappresenta una delle specialità ospedaliere per eccellenza. Carmine, già editor del giornale scientifico della Società europea Ndt e componente di molte prestigiose riviste internazionali. Francesca, coordinatrice del Working Group Eurecam della Società Europea di Nefrologia, componente di vari Board scientifici e in prima linea in iniziative nazionali per la valorizzazione delle donne in Nefrologia. Ed allora, cosa significa essere annoverati tra i primi 100. 000 in tutte le scienze nel mondo? Osservano insieme. «È il risultato di una intensa attività di ricerca clinica e di una storia più che trentennale nel campo della nefrologia e dell'ipertensione arteriosa. Sono risultati che vanno enfatizzati non per l'importanza che sicuramente rivestono dal punto di vista personale, ma per riconoscere che anche da noi - forse con più difficoltà che in altre latitudini - si può fare. È una testimonianza forte di tenacia ed un messaggio di speranza rivolto soprattutto ai più giovani». Conclude Francesca: «Questa attività di ricerca rappresenta il punto di forza del nostro gruppo, con la soddisfazione, prima del Covid 19, di avere ospitato giovani ricercatori di paesi europei e anche extra-europei. E speriamo davvero di poter favorire di nuovo e al più presto, questo prezioso scambio di opportunità e di esperienze».  

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