Non solo uno scambio di voti in cambio di favori, ma una vera e propria alleanza per arrivare allo scranno di sindaco. E' il percorso che emerge dall’inchiesta «Faust» coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che stamani ha portato i carabinieri ad arrestare 49 persone tra le quali il sindaco di Rosarno Giuseppe Idà, eletto nel 2016 a capo di una lista civica, ed il consigliere comunale Domenico Scriva. I due politici - posti entrambi ai domiciliari - sono accusati di scambio elettorale politico mafioso con la cosca Pisano di Rosarno, conosciuta come «i diavoli». Un’alleanza che, secondo i magistrati della Procura distrettuale antimafia e i carabinieri del Comando provinciale, era nata già prima delle elezioni e andava ben oltre il sostegno elettorale in cambio di favori. Tanto che - ha spiegato il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri che insieme all’aggiunto Gaetano Paci ha coordinato le indagini dirette dai pm Sabrina Fornaro e Adriana Sciglio - a porsi come stratega delle elezioni è stato il boss Francesco Pisano. L’ingerenza dei "diavoli" si sarebbe spinta fino alla predisposizione della lista, del simbolo della lista e persino del programma elettorale. Circostanze che denotano, per dirla con le parole di Bombardieri, «un collegamento chiaro tra i Pisano e il candidato sindaco» da parte del quale «c'è una piena consapevolezza dell’appoggio criminale» che non solo sarebbe stato accettato ma che sarebbe nato ancora prima della campagna elettorale. In cambio dell’appoggio, la cosca avrebbe chiesto l'assegnazione a Scriva dell’assessorato ai Lavori pubblici o, comunque, l’attribuzione di un altro incarico di prestigio. L'accordo avrebbe riguardato anche il mutamento della destinazione urbanistica di alcuni terreni di proprietà dei "Diavoli" vicino allo svincolo autostradale di Rosarno e la riapertura del centro vaccinale in un immobile di pertinenza della famiglia mafiosa. Un accordo molto stretto - tanto che anche la prima uscita pubblica del candidato sindaco poi eletto sarebbe stata concordata prima con i referenti della cosca anche nei suoi dettagli grammaticali - dal quale, ad un certo punto, Idà avrebbe cercato di smarcarsi per smentire le voci che circolavano in paese sui rapporti tra lui ed il boss. E infatti, dopo l’arresto del latitante Marcello Pesce, Idà fece una dichiarazione per esprimere compiacimento per l’operato delle forze dell’ordine e sostegno all’opera di restaurazione del controllo di legalità. Parole che non piacquero per niente agli affiliati. «Se inizio io su facebook a dire che lui è venuto a cercare anche i miei voti lo faccio cadere subito», dice infatti uno degli uomini della cosca Pesce, tra le più potenti della 'ndrangheta reggina e con base a Rosarno. La frase è stata intercettata dagli investigatori dei carabinieri e per l’accusa testimonia l’atteggiamento accondiscendente dell’allora candidato sindaco verso il sostegno elettorale che gli veniva dalla cosca. Dalle indagini, che hanno preso le mosse dalle dichiarazioni del collaboratore Lorenzo Bruzzese, è emersa l’operatività dei Pisano che spaziava non solo dal traffico di sostanze stupefacenti ma anche all’usura e all’estorsione, oltre all’ingerenza amministrativa. Accertati anche i rapporti con altre storiche cosche del reggino.