Cielo plumbeo sulla “Ciambra”, famigerato ghetto in cui da anni risiede una folta comunità di cosiddetti “zingari”; luogo dalle mille contraddizioni, sdoganato a Cannes e Venezia dal regista Carpignano con un film che ha offerto ai residenti, attori protagonisti e non, l’ingannevole sogno di calcare i parterre dei festival internazionali più prestigiosi e ricevere dieci minuti di applausi alla “Quinzaine de Realisateurs” per poi risvegliarsi ancora in mezzo alla fogna e ai topi. “Tra palco e realtà”, per dirla alla Ligabue. Ed è un’amarissima realtà. In questi giorni alla Ciambra è morto un giovane, con patologie concomitanti, ma stroncato anche per colpa del Covid. Il terribile virus ha fatto il suo ingresso in quelle lande che sembravano essere schivate anche dal contagio. Purtroppo, era da mettere in conto. Ciò che invece non si può accettare è lo stato vergognoso di abbandono in cui versa ancora l’intera zona. Nulla è cambiato, anzi, sicuramente la situazione è peggiorata da quando – dopo le battaglie della Gazzetta del Sud e del Garante regionale per l’Infanzia, Antonio Marziale – il prefetto Di Bari e il suo successore Mariani hanno deciso che sulla Ciambra lo Stato ci avrebbe messo la faccia. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio