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Bonfà: le “vacche sacre” sono tornate nei terreni della Locride

L’imprenditore chiede di riconoscere gli episodi come “fenomeno mafioso”

Denuncia una nuova incursione di “vacche sacre” nella sua azienda agricola l’imprenditore Bruno Bonfà, da anni ormai in lotta per chiedere chiarezza sul fenomeno e indagini sul presunto collegamento con l’uccisione del padre avvenuta nel 1991. «Stavolta – segnala Bonfà – sono state danneggiate oltre 500 piante di olivo all’interno dell’azienda ubicata nei territori di Caraffa del Bianco e Samo». Proprio quest’area «un tempo fu interessata dai sequestri di persona» e proprio a quanto d’inconfessabile avrebbe visto il padre Bruno Bonfà addebitata l’omicidio rimasto senza colpevoli. «Nessuna attività di indagine – lamenta oggi Bonfà – sembra mai essere stata svolta al fine di accertare le correlazioni tra i due fenomeni».
Bonfà conta ai suoi danni, nel tempo, «7.200 piante di bergamotto distrutte, circa 2.000 piante di vite, oltre 2.000 di olivo, oltre 500 di querceto specializzato - rover - ed oggi un intero uliveto con oltre 500 piante». Obiettivo dell’imprenditore è il riconoscimento «della natura mafiosa degli eventi denunciati»: per questo, a fronte di pronunce di senso contrario, oggi chiede l’intervento del Presidente della Repubblica nella qualità di presidente del Csm e del ministro della Giustizia.

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