«Ricordo con commozione quello che avveniva a Riace». È quanto ha dichiarato monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano e per tredici anni vescovo di Locri, testimone all’udienza di ieri del processo “Xenia” che vede tra gli imputati anche l’ex sindaco di Riace Domenico Lucano. Bregantini, al quale il Tribunale ha revocato l’ammenda di 400 euro per non essersi presentato alla precedente udienza, ha ripercorso la nascita del progetto di accoglienza diffusa ideato a Riace da Lucano: «Ho accompagnato Mimmo Lucano e l’ho incoraggiato, gli ho dato consigli e sostegni. Ho visto la positività dell’esperienza di Lucano e il consenso attorno a lui in paese. Con grande premura – ha aggiunto il presule rispondendo alle domande dell’avvocato della difesa, Giuliano Pisapia – ho mobilitato la comunità diocesana e accompagnato Lucano attraverso diverse fasi. I migranti – ha aggiunto – non sono solo da assistere ma consapevolizzare e sono energia vitale per il paese». Anche padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, ha raccontato la sua esperienza: «Per me Riace rimane un modello e ringrazio Lucano per aver fatto questa scelta. A vedere come un antico borgo della Calabria stava rinascendo con l’accoglienza, tanti altri borghi potrebbero fare la stessa scelta per rinascere. Un’attenzione semplicemente straordinaria Senza fondi ha continuato in modo eroico ad aiutare i migranti di Riace, anticipando quello che dovrebbe essere fatto dal Governo sui temi dell’accoglienza Per me Riace – ha concluso – resta un modello da imitare, e non ho mai sentito lamentele su di lui. Per Mimmo questo processo è stato un colpo terribile». È stato sentito anche un maresciallo dei carabinieri che ha riferito di alcuni problemi di ordine pubblico che si registrarono a Riace quando i migranti protestavano perché non ricevevano bonus e soldi.
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