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Reggio Calabria, “Epicentro” della ’ndrangheta alla sbarra: in 75 verso il processo

Riunite in un unico procedimento penale le ultime tre inchieste contro le cosche della città di Reggio. Da Archi a Pellaro passando per il centro. La Dda ha notificato a 75 indagati la conclusione delle indagini preliminari di “Malefix”, “Nuovo Corso” e “Metameria”

Il capo della procura di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, durante la conferenza stampa

Inchieste chiuse e ’ndrangheta alle corde. La Dda di Reggio, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha notificato ieri gli “avvisi di conclusione delle indagini preliminari” a 75 indagati per i quali chiederà il processo. Così come ha già fatto per il processo “Gotha” – nato dalla riunione di importantissime indagini come “Mammasantissima”, “Fata Morgana”, “Reghion” e altre – anche questa volta i magistrati antimafia hanno deciso di riunire in un unico procedimento, che è stato chiamato “Epicentro”, le ultime indagini che hanno interessato le cosche della ’ndrangheta reggina. Sicché costituiranno il “tema” di un unico processo penale le indagini “Malefix”, “Nuovo Corso” e “Metameria”. Indagini che hanno fatto scoprire vecchi e nuovi volti di indagati, richieste di estorsioni fatte dentro il Duomo e un boss che è riapparso sulle scene criminali pur essendo condannato all’ergastolo poiché una grave malattia lo aveva reso incompatibili con la detenzione carceraria. Ma, come insegna la saggezza popolare, il lupo perde il pelo ma non il vizio...
Da Archi fino a Pellaro passando per il centro della città. La rete della Dda non ha fatto sconti prendendo di mira i presunti ’ndranghetisti delle cosche Libri, De Stefano-Tegano-Molinetti, Condello, Barreca, Rugolino, Ficara-Latella, Zito-Bertuca.
Anche in questo nuovo procedimento non potevano mancare indagati “eccellenti” della cosca De Stefano. La Dda, infatti, chiederà il processo per Carmine De Stefano «in qualità di promotore, dirigente apicale e organizzatore dell’articolazione della ’ndrangheta geneticamente riferibile al territorio di Archi, ma con penetrante influenza ed egemonia criminale sull’intero territorio reggino, che aveva riunificato, intorno alla cosca De Stefano, più gruppi storicamente ivi operanti. Traeva fama criminale e capacità intimidatoria e assoggettante dall’omonima cosca e dal ruolo verticistico svolto in questa dapprima dal padre Paolo, quindi dal fratello Giuseppe, per conto della quale svolgeva compiti di capo e di rappresentante degli interessi comuni alle varie articolazioni ivi presenti».

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