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'Ndrangheta, le estorsioni degli affiliati alle cosche Libri e Morabito: 3 arresti a Reggio | NOMI

I 3 sono considerati responsabili dei reati di tentata estorsione pluriaggravata, anche dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, perpetrati nei confronti di una ditta reggina operante nel settore della manutenzione delle condotte idriche e del gas nella zona di Mosorrofa e Terreti

I Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, su disposizione della DDA di Reggio Calabria, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 3 soggetti, ritenuti affiliati o comunque contigui alle potenti cosche di ‘ndrangheta Libri e Morabito, questi ultimi detti “I grilli di Terreti” di Reggio Calabria, considerati a vario titolo responsabili dei reati di tentata estorsione pluriaggravata, anche dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, perpetrati nei confronti di una ditta reggina operante nel settore della manutenzione delle condotte idriche e del gas, in due distinte occasioni e precisamente nella zona di Mosorrofa e Terreti.

Il provvedimento, a firma del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, dott.ssa Vincenza Bellini, su richiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri, nell’ambito di un’operazione coordinata dal Sostituto Procuratore Sara Amerio, costituisce l’epilogo di articolate indagini di Polizia Giudiziaria.

Nomi e profili

Sono stati tratti in arresto: in carcere Antonio Riccardo Artuso classe 77; ai domiciliari Vincenzo Serafino classe 65 e Bruno Scordo classe 83. Particolarmente rilevante, sotto il profilo criminale, è la figura di Artuso, quale intraneo alla cosca Libri di Reggio Calabria, già gravato da numerosi precedenti per associazione di stampo mafioso, corruzione e stupefacenti. Al pari risulta lo spessore criminale di Serafino arrestato nell’anno 2010, quale affiliato alla cosca Morabito di Terreti, per essere stato tra i fiancheggiatori del boss Giovanni Tegano ed averne favorito la latitanza.

L’odierna operazione è stata denominata “pensierino” in quanto nel corso dell’attività tecnica è più volte emerso come la pretesa estorsiva non venisse esattamente quantificata, dagli estorsori che si presentavano sui cantieri ovvero presso la sede della ditta, ma manifestata dagli stessi tramite la richiesta appunto di un “pensierino”, viste le imminenti festività natalizie. Le indagini hanno consentito di accertare due distinti episodi analoghi per le modalità delle richieste estorsive segnatamente uno durante i lavori eseguiti su un cantiere in Mosorrofa e l’altro in Terreti, perpetrate dai menzionati soggetti che si presentavano nei citati luoghi impendendo, agli operai presenti sul posto, la prosecuzione dei lavori fin quando non  avessero interloquito con i titolari dell’azienda per avanzare direttamente la pretesa estorsiva, intimando di riferire loro che si sarebbero dovuti “mettere a posto”, “parlando con chi dovevano parlare”.

Lo spessore criminale degli odierni arrestati era conosciuto anche dai vari soggetti escussi come persone informate sui fatti, i quali hanno, anche per timore di eventuali ritorsioni, reso più volte dichiarazioni false o reticenti, smentite poi dalle captazioni ambientali. È inoltre emerso come i titolari della ditta, a causa delle insistenti pretese estorsive da parte di Artuso Antonio Riccardo, abbiano successivamente ritenuto di chiedere l’intervento di un loro operaio, Bruno Scordo, affinché si rivolgesse ad un “soggetto intermediario”, Pietro Sinicropi, altro soggetto molto vicino alla cosca Libri, che sarebbe riuscito nell’intento di far cessare le richieste dell’estorsore.

Le attività investigative hanno permesso, inoltre, di individuare elementi in relazione alla commissione del favoreggiamento personale (art. 378 c.p.) e dei reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 D.Lgs. 74/2000), emissione di fatture per operazioni inesistenti nei confronti delle società emittenti (art. 8 D.Lgs. n. 74/2000) e frode nelle pubbliche forniture (art. 356 C.P.). Per quanto attiene il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti è stato infatti accertato che la ditta operante a Reggio Calabria e provincia abbia utilizzato F.O.I. emesse da quattro ditte dislocate sul territorio nazionale (Napoli, Taranto e Reggio Calabria) che hanno consentito un’evasione di imposte ai fini IRPEF e IVA per complessivi euro 75.003,00, somma oggetto di sequestro preventivo.

In relazione al reato di frode in pubbliche forniture, si è accertato che a fronte della stipula con il comune di Palmi di un “Contratto di appalto dei lavori di manutenzione/riparazione fognature e strade del comune di Palmi anno 2016/2017”, la ditta appaltatrice ha richiesto il pagamento di lavori non realmente effettuati. In particolare non effettuava la pulizia di pozzetti, griglie di raccolta delle acque piovane attestando falsamente di averle eseguite, anche mediante la realizzazione di documentazione fotografica redatta ad arte al fine di dimostrare la necessità di ripulire tombini in realtà non necessitanti di interventi. Complessivamente, nell’ambito del presente procedimento penale, si procede nei confronti di 13 soggetti.

Il provvedimento cautelare personale e reale eseguito costituisce la conclusione di un complesso iter investigativo che dimostra - ancora una volta - la costante azione di contrasto alla criminalità organizzata e all’infiltrazione della ‘ndrangheta nell’economia legale con particolare riferimento al settore degli appalti pubblici svolta dalla Guardia di Finanza sotto la direzione della Procura della Repubblica reggina.

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