«Riace tornerà ad essere il paese dell’accoglienza, perché è nel Dna dei suoi cittadini. Sono loro che tutti insieme hanno atteso quella nave sulla spiaggia per accoglierli e sostenerli, e questo quando i finanziamenti dello Stato erano impensabili». È quanto ha sottolineato, in sintesi, l’avvocato Giuseppe Gervasi nel corso del suo intervento al processo “Xenia”, relativo al modello di integrazione diffusa di Riace, nel quale la Procura ha già concluso con la richiesta di condanna a complessivi 70 anni di reclusione, dei quali 7 anni e 11 mesi per l’ex sindaco Mimmo Lucano. Nel corso della sua arringa difensiva l’avvocato Gervasi ha richiamato lo spirito solidale di Riace manifestato già nel 1998, quando sbarcarono sulla sua spiaggia 200 immigrati curdi, con i quali ebbe inizio il percorso che portò al modello di integrazione pensato per gli immigrati. Successivamente il penalista ha sostenuto l’insussistenza del reato associativo contestato ad alcuni degli imputati, e ha rilevato che uno dei suoi assistiti, Renzo Valilà, tra l’altro ex assessore comunale di Riace, «è quello che già nel 2009 denunciò le storture del modello accoglienza in alcuni soggetti di Riace; Valilà – ha aggiunto – è la persona che dopo circa sei mesi di presidenza dell’associazione Los Migrantes, da settembre 2013 e marzo 2014, si dimise dall’incarico poco prima dell’avvio dei progetti oggetto delle imputazioni, poiché quella forma di accoglienza non corrispondeva e non corrisponde al suo modello di rendersi utile agli altri e a quello della maggior parte dei cittadini di Riace». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio