C’è l’impronta, indelebile, della ’ndrangheta dietro l'attentato incendiario, a scopo estorsivo, ai danni del tabaccaio di Ravagnese a cui hanno incendiato l’esercizio commerciale perché rifiutava di venderlo agli esponenti dei clan. L'aggravante mafiosa, come si evince dall'indagine della Procura e degli investigatori del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Carabinieri, è contestata esclusivamente ad Antonio “Totò” Morabito. La mente del progetto estorsivo, il regista dell'azione mafiosa. La sua «intraneità» alla criminalità calabrese viene evidenziata nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip Giovanna Sergi che l'ha portato in carcere (insieme al complice e braccio operativo Riccardo D'Anna) con accuse pesanti come un macigno: «Va collocato tra i maggiorenti più rappresentativi della predetta consorteria operante nella zona sud di Reggio e, grazie agli stretti rapporti fiduciari e ad una collaborazione affaristica metodica e variamente direzionata, anche in stretta sinergia con un altro temibile sodalizio mafioso, quello dei De Stefano di Archi».
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