Tra i monumenti allo spreco, per i quali la città di Rosarno vanta un primato non certamente esaltante, figura la terza zona industriale a servizio del porto di Gioia Tauro. Un’infrastruttura realizzata 15 anni orsono per ospitare aziende, fabbriche, imprese e attività produttive di vario genere e natura, attratte dal miraggio di usufruire di piattaforme logistiche, di esenzioni fiscali, di servizi di transhipment import-export offerti dal porto. Ebbene, dal 2005 ad oggi quella vasta area è rimasta una desolata landa desertica, emblema delle colpevoli inadempienze, negligenze, incapacità progettuali e gestionali di una miope classe politica regionale e nazionale, “tutti compresi”, senza eccezione alcuna, maggiori o minori possano configurarsi gli addebiti di colpa nei confronti di partiti e raggruppamenti al potere. La terza zona industriale ricade interamente nel comune di Rosarno ed è compresa tra la statale 18 e la provinciale per Rizziconi e Taurianova. I lavori di infrastrutturazione, mandati in appalto nel 2004 dall’Asireg, ora Corap, che ne detiene la proprietà, sono stati eseguiti dall’impresa “Vincenzo Restuccia Costruzioni” per un importo di 23 milioni 240mila 560 euro, finanziati dallo Stato, al fine di realizzare le infrastrutture di base, quali le reti idrica, fognaria, elettrica, nonché gli assi viari con relativa suddivisione in lotti. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria