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Reggio, trent’anni di carcere per due agguati di mafia

Riconosciuta la continuità tra reati

Tribunale di Reggio Calabria

Trent'anni di carcere per due omicidi - gli agguati a Giuseppe Iannì ed Angelo Reitano, due pagine della guerra di 'ndrangheta consumata a Reggio tra il 1985 e il 1991 tra il cartello “De Stefano-Tegano ” i rivali dei “Condello-Imerti” - dopo il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i due gravissimi reati. La Corte d’Assise d'Appello di Reggio ha riconosciuto il beneficio a Giovanni Imerti, 63enne di Fiumara, in accoglimento dell'istanza avanzata dagli avvocati Francesco Calabrese e Giacomo Iaria che ruotava attorno ad una serie di elementi giuridici specifici: «La medesimezza del disegno criminoso, che unisce i reati omicidiari, si evince dall'identità dei luoghi di commissione, dalla costanza dell'elemento temporale; il medesimo fine di eliminare, da parte del clan Imerti, gli avversari della fazione opposta appartenente alla famiglia Zito, in seguito all'insorgere della guerra di mafia con l'uccisione del boss Condello Domenico il 13 gennaio 1986 e della contrapposizione delle fazioni capeggiate da Antonino Imerti, da un lato, e dal defunto boss Paolo De Stefano, dall'altro». Per l'Assise va riconosciuta «la prossimità temporale» tra l'omicidio Iannì Giuseppe (14 ottobre 1987), e quello di Reitano Angelo (3 ottobre 1987) definendo «irrilevante» la circostanza che gli stessi siano stati giudicati in diversi procedimenti: il primo nel processo “Olimpia 1”; il secondo giudicato in “Olimpia 2 e 3”.
Nessun dubbio sull'identità del disegno criminoso «ricavabile dalla brevissima distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo» Concludendo: «Il fine sotteso ad entrambi i fatti omicidiari è stato accertato essere quello della cosca Imerti di affermare il proprio predominio mafioso e di eliminare gli appartenenti alla cosca avversaria».
Riconosciuto il vincolo della continuazione, la pena è stata rideterminata a 30 anni: «Per la sommatoria delle due condanne si dovrebbe quantificare in anni 46 di reclusione, che in forza del riconoscimento del vincolo della continuazione viene mitigata riconoscendo (alla pena base di anni 30 per l'omicidio Iannì) un aumento (per la continuazione con l’omicidio Reitano) che si ritiene equo determinare in anni 8 di reclusione, così giungendo alla pena di anni 38 di reclusione. Pena da rideterminare in anni 30 di reclusione, alla luce del criterio moderatore del cumulo giuridico, quale temperamento legale del coacervo delle pene da eseguirsi effettivamente».

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