Non fa proprio differenza quando si allestisce un cantiere per la costruzione di un palazzo, un condominio o un complesso residenziale da centinaia di appartamenti: l’imprenditore deve pagare il pizzo. Nessuno escluso e mafiosi compresi. A confermare questo spaccato di tracotanza mafiosa per chi opera a Reggio è stato il collaboratore di giustizia Giuseppe Stefano Tito Liuzzo. Un osservatorio autorevole e privilegiato il suo, perché inquadrato dagli analisti dell’Antimafia come «un imprenditore mafioso» e perché di questo sistema capillare di imposizione delle tangenti è stato tra gli interpreti maggiormente dinamici quando da «esponente della cosca Rosmini» fu arrestato nell’operazione “Araba fenice”. Come funziona la mannaia estorsiva su imprenditori edili e costruttori a Reggio “Pino” Liuzzo l’ha confermato nell’ultima udienza del processo “Theorema-Roccaforte”, quando all’Aula bunker e davanti al Tribunale collegiale (presidente Fabrizio Forte, giudici a latere Pio Francesco Me e Margherita Berardi) sono sfilati numerosi tra i principali pentiti di ’ndrangheta della Città.
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