Reggio Calabria, inventava una parentela con Pietro Grasso: 39 i truffati per un posto di lavoro
Donne e uomini, anziani e giovani, e tanti genitori disperati pronti a tutto pur di poter aiutare il proprio figlio e disposti a pagare per facilitare l’agognata conquista del posto di lavoro fisso: sono ben 39 le parti offese nel processo che a Pietro Desiderio Grasso (classe 1966, originario di Palmi), l'ex agente della Polizia municipale di Reggio Calabria che sfoggiava il nome dell’allora presidente del Senato ed ex procuratore nazionale antimafia millantando, esibendo una stretta parentela (a tanti ripeteva «siamo figli due fratelli») e quindi una serie di agganci e canali privilegiati nelle Istituzioni dove avrebbe potuto spendere più di una parola per fare vincere un concorso pubblico. In decine e decine di episodi, secondo la ricostruzione degli inquirenti, prometteva, ed assicurava, posti di lavoro: in realtà era un omonimo e un truffatore, l’assistente scelto dei vigili urbani arrestato (nel luglio 2014) nell’ambito di due distinte, ma coincidenti inchieste di Guardia di Finanza e Squadra Mobile. Per quelle accuse adesso è a processo (il secondo che affronta) rispondendo di truffa aggravata, falso, millantato credito e peculato. Decine le truffe consumate secondo la denuncia delle vittime e le contestazioni della Procura. La parcella per il falso parente illustre variavano tra i 19 e i 30 mila euro, da versare a rate per una truffa gigantesca. Soldi che le vittime sperano di riavere indietro. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Reggio Calabria