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Operazione “Sbarre” a Reggio, nega tutto la vittima del sequestro di persona

Udienza chiave davanti al Gup: interrogato uno dei minori nel mirino del clan

Non subì alcun sequestro di persona, non rimase rinchiuso in una palazzina-bunker al rione Sbarre per punizione dopo aver rubato una partita di stupefacenti alla banda di cui faceva parte seppure con ruoli operativi marginali e di semplice vedetta, non fu picchiato, maltrattato né tantomeno seviziato per costringerlo a vuotare il sacco sui tempi di realizzazione dello sgarro alla gang della droga; e soprattutto ha negato di aver avuto alcun tipo di rapporto di conoscenza o di semplice contatto relazionale con i presunti aguzzini sul banco degli imputati, i vertici del gruppo che scorrazzava negli ex rioni Guarna e Caridi, nel cuore dell'antico e popolare quartiere Sbarre, che l'avrebbero fatto sparire per un paio di giorni fino a quando non fu saldato il conto del pacchetto di droga rubato. Ha negato tutto davanti al Gup Candido, e nonostante il fuoco di fila di domande del Pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Walter Ignazitto e del collegio difensivo (gli avvocati Giacomo Iaria, Albina Nucera e Fabio Tuscano), il minore accusato di essere stato un pusher della gang stroncata dai Carabinieri con la retata “Sbarre” (assolto per il delitto di spaccio dal Tribunale per i minori) e vittima di un clamoroso sequestro di persona.

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