Sedici condanne ed un'assoluzione nel processo con rito abbreviato “Heliantus”, l'indagine della Procura antimafia di Reggio Calabria che ha ricostruito le dinamiche e gli ambiti operativi della potente cosca di ’ndrangheta Labate che opera nei popolosi quartieri della cintura urbana sud del capoluogo reggino, Gebbione e Sbarre. Il Gup Caterina Catalano ha accolto in pieno le richieste e le accuse sostenute all’Aula bunker dai sostituti procuratore della Direzione distrettuale antimafia Stefano Musolino e Walter Ignazitto. Le pene maggiori sono andate ai presunti capiclan, i fratello Pietro e Antonino Labate, condannati a 20 anni di reclusione; stesso verdetto per uno degli storici vertici del clan, Orazio Assumma. Condannati anche Domenico Foti (17 anni e 4 mesi), Santo Gambello (10 anni e 4 mesi), i cugini omonimi Paolo Labate (12 anni), Fabio Morabito (13 anni), Giovanni Ficara (12 anni 8 mesi), Francesco Marcellino (11 anni e 4 mesi), Antonio Galante (10 anni). Unica assoluzione piena quella di Domenico Pratesi, difeso dall'avvocato Marco Gemelli del Foro di Reggio. Tra le accuse principali dell'inchiesta “Heliantus”, secondo la tesi della Dda, «l’esistenza e l’operatività del clan Labate trovavano pieno riscontro nel capillare controllo del territorio e nella gestione di attività economiche e commerciali, segnatamente nel settore alimentare ed edilizio, nonché nell’imposizione indiscriminata di estorsioni ad operatori economici e commerciali».