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'Ndrangheta, parla il boss reggino Nino Imerti: "Ho chiuso col mio passato" IL VIDEO

Dopo aver scontato la sua pena in regime di carcere duro, parla il “Nano feroce” e racconta la sua verità sulla stagione più terribile e sanguinosa vissuta da Reggio negli anni Ottanta

Per incontrare il boss Nino Imerti mi sono appostato fuori dalla caserma dei Carabinieri di Archi nei giorni scorsi. Arriva verso le 9 accompagnato dalla moglie Giuseppina Condello.
Signor Imerti buongiorno. Sono Klaus, il giornalista. Come sta? Volevo raccontare la sua storia.
«È necessario?»

Per me sì. La trovo bene.
«Ho scontato la mia pena fino all’ultimo giorno, mi hanno fatto fare 5 anni in più, perché mi hanno rigettato tante volte le istanze mentre la Cassazione mi dava sempre ragione. Alla fine la Cassazione gli ha imposto di applicarmi quello che mi spettava»

Perché la chiamano “Nano feroce”? Lei non è tanto piccolo.
«Nel 1983 durante la mia latitanza c’era un giornalista dell’Espresso che voleva farmi un’intervista, io l’ho rifiutata. Dopo diversi giorni è uscita la storia che io ero in Aspromonte con un paio di stivaloni, col berretto, la barba lunga e con una borsa a tracolla. Si è inventato tutto. Io esco poco, vengo solo a firmare. Mia moglie mi accompagna in questi giorni in caserma. Non ho nulla da dirvi».

Mi racconti la sua storia.
«La mia storia la sanno tutti. Vada in Tribunale».

Riuscirà a riabilitare la sua immagine?
«Guardi, la mia immagine l’hanno riabilitata i processi nel senso che in alcuni mi hanno condannato, ma in molti casi deve tenere presente che ho subìto delle cose contro la mia persona. Non parlo di processi. Per esempio in un’agenzia assicurativa è scoppiata una bomba e sono stato coinvolto. Chi è stato non lo so perché c’erano altre persone che avevano una macchina blindata».

Chi era il mandante?
«Non l’hanno fatto quelli che gli investigatori hanno dedotto che sono stati... ma un giorno la risposta sul punto la darò».

In che senso, scusi ?
«Sono 30 anni che questa risposta non l’ho data mai. Hanno sempre detto che è scoppiata questa guerra per un tizio che si sospettava fossi io».

Parla di don Paolino De Stefano?
«Se è stato lui non lo so, qualcuno è stato. Ma io le dimostrerò che non c'entravo niente».

Quando lo farà?
«Non lo faccio, che le debbo dire? Mi dica lei cosa le debbo dire. Io sono figlio unico, tutta la mia famiglia è composta da persone correttissime. Mia moglie lavora, mia figlia è laureata in Filosofia, l’altra mia figlia è all’università in Ingegneria civile, mio figlio è laureato al Politecnico di Torino in Ingegneria aeronautica spaziale e si trova a Londra».

Prova rancore per quella bomba?
«Guardi ormai il passato ce l’ho dietro le spalle, io penso al futuro, anche se è breve perché ho 75 anni. io non faccio niente, mia moglie prende lo stipendio, mio suocero vive a casa mia con una pensione di 1.200 euro. Ho il necessario e mi basta. Mi faccio una passeggiatina, non incontro nessuno, non incontrerò mai nessuno. E poi non conosco nessuno, tutti questi ragazzi non li conosco».

Gino Molinetti lei lo conosceva però. Il presunto autore (poi scagionato) dell’omicidio Scopelliti?
«Gino Molinetti no. Ho conosciuto il fratello Alfonso, siamo stati detenuti insieme. Tutto qui».

Cosa pensa dell’attentato a Franco Benestare?
«Non ne so nulla».

Quindi non partirà una nuova faida?
«E per quale motivo? Per quanto mi riguarda non so nulla»

Molinetti voleva fondare un proprio gruppo.
«Di tutte queste storie non so niente e ti spiego il perché. Dove ero non mi facevano comprare la Gazzetta, io ero al 41bis. Sono sereno».

Studi ne ha fatti in carcere?
«Sì. Ho studiato fino alla terza ragioneria, ma poi non c’era il numero per fare la nuova classe».

Lei vuole riprendere il potere ad Archi?
«Che cosa?»

Lei è l’esponente più autorevole.
«Non mi conosce bene. Lei non mi conosce per niente, io con lei posso andare a passeggiare, a mangiare. Non hanno più importanza le cose passate».
Dica la verità... Lo so che lei non ha paura dei giornalisti.
«Paura? No, io non paura. A me piace scherzare, dialogare, non sono un tipo austero. Sono cresciuto in un ambiente molto diverso: i miei familiari, dalla parte di mia madre, sono tutti incensurati. Mia sorella è stata, fino a 2 mesi fa, impiegata al Comune, l’altra mia sorella è parrucchiera, quando io ero latitante neanche a casa andavo. Ora le dimostrerò che so fare anche i c.... miei con i fatti. A me le chiacchiere non piacciono, se qualcuno scrive cose al di fuori, querelo. Ma non parlo di te».

Che ne pensa dell'indagine che sta facendo la Procura di Reggio Calabria sui rapporti Stato-Mafia?
«Sì, c’è la massoneria, mi ricordo la P2».

Lei è massone?
(Ride)

Conosceva Licio Gelli?
«Licio chi? Che sono un pazzo? Io sono una persona comune... Lei non sa niente della mia storia recente».

Però ho studiato la sua persona...
«Lei non sa niente di me, della mia storia recente. Queste cose della guerra sono passate».

Quella guerra è stata un errore. Dica la verità ha indebolito, alla fine, la ’ndrangheta...
«Lei non mi crederà e fa bene a non credermi, io non sono mai stato uno ’ndranghetista. L’ha detto Scopelliti, il pentito che era stato indicato come il mio braccio destro nei processi e che mi ha fatto prendere l’ergastolo. Ha detto che a Imerti non interessava la ’ndrangheta».

Cosa intende dire?
«Vi ho detto tutto. Quella bomba non so, ma posso affermare, posso chiarire che non è così, e questa frase me la tengo per me... Un giorno lo dirò...».

Ci incontreremo. Io abito qui...
«Non è un problema. Io non scappo. Anzi, se mi conosci bene, ti fai un concetto di me un po’ diverso. Io sono stato un impiegato, ho studiato, ho lavorato sulla Caronte e poi me ne sono andato in Svizzera, guadagnavo il doppio di qui e poi per motivi familiari sono tornato. Io saluto tutti, se dovessi incontrare qualcuno e mi saluta io gli rispondo».

Qualcuno degli ex affiliati l’ha avvicinato?
«No, nessuno assolutamente. Sono venuti dei miei parenti, qualche figlio di mio parente, qualche professionista».

Nelle intercettazioni in carcere lei parlava del giudice Tuccio.
«Sul fatto di Tuccio sono documentatissimo. Gli avevo scritto una lettera, avevo saputo che s’interessava dei detenuti. Anzi, in quell’intercettazione di cui lei parla, io dicevo a Tuccio di interessarsi perché io volevo chiudere con il mio passato. Queste sono tutte cose scritte nella lettera. Non c'è altro».

È vero che c’è un pezzo di Stato che è venduto alla ’ndrangheta come dicono alcune indagini?
«Per queste cose deve parlare con loro perché ne sanno più di me... Quando mi hanno condannato all'ergastolo non mi sono lamentato di nulla. I giudici hanno fatto il loro lavoro».

Non mi ha risposto alla domanda: la guerra è stata un errore o no?
«Tutte le guerre sono un errore... Poi, quando ammazzano dei bambini negli ospedali sono un orrore. Ci sono anche guerre che si dovrebbero evitare. Non si evitano per problemi geo-politici, non si evitano per tante cose».

Rimorsi? Autocritiche?
«Era meglio stare tranquilli a casa nostra, con i familiari. E dico di più: il mio consiglio ai giovani è di andare a lavorare che si guadagna di più».

Lo dice alle nuove leve?
«Ai giovani in generale. Dico a tutti di studiare. Essere rispettati e rispettare tutti».

Questa storia del nomignolo...
«Già, “Nano feroce”. In alcuni fatti non ero nemmeno imputato, qualcuno cercava di mettermi nel mezzo senza essere stato imputato e l’ho denunciato alla Procura di Reggio e non lo hanno scritto più...».

Anche i pentiti?
«Tutti. Forze dell’ordine e anche detenuti. Mi dicevano che io ero un mandante del caso De Stefano, ma non sono mai stato imputato e non sono mai stato condannato».

Posso dire una cattiveria? Magari c’è qualcuno dello Stato che la appoggiava...
«Io sono stato sempre perseguitato».

Ora lei come si sente?
«Sono una persona tranquilla. Ho scontato 30 anni di carcere e vorrei godermi la mia famiglia. Se poi mi si dice che io frequento qualcuno, mi devono portare il riscontro».

Va bene se un giorno la vengo a trovare a casa?
«Mi vuoi fregare il pranzo?».

Se mi invita, vengo. Io faccio il giornalista.
«Io sono nato a Villa San Giovanni, al porto, dove ho sempre avuto a che fare, fin da bambino, con milanesi, tedeschi, gente varia... Ero un ragazzo umile, come tanti. Non sono un cretino e so rispondere alle domande».

Esiste la zona grigia?
«Se la sbrighino i magistrati. Io non sono mai stato imputato di nulla riguardo a tutte queste storie».

Nel processo ’ndrangheta stragista l’hanno ascoltata?
«Ma che stragista, io non ho mai avuto imputazioni per conto delle istituzioni. Io la pena con lo Stato l’ho pagata».

Qualcuno vi ha chiesto scusa per la bomba?
«Nessuno mi ha chiesto scusa e non voglio scuse da nessuno, il passato per me è passato».

Dell’Utri e Berlusconi li ha mai conosciuti?
«Mai conosciuti».

Con la politica ha avuto rapporti?
«Mai! Ci sono stati dei pentiti che hanno detto che sono stato contattato per una campagna elettorale di Scilipoti. Noi ci facciamo i fatti nostri, non sono mai stato invischiato, né imputato. Klaus, mi hai fregato stamattina».

Sono venuto per lei.
«Altro che intervista. Di ogni parola che ti ho detto ho i documenti».

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