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Riace, Fernando Capone e gli altri: presunte “braccia” di Lucano

Le motivazioni sui condannati, a partire dal ritenuto «prestanome dei progetti illeciti»

Il tribunale di Locri

Il sistema di accoglienza diffusa dei migranti di Riace, com’è noto, è stato oggetto dell’inchiesta “Xenia” della Guardia di Finanza di Locri, coordinata dalla Procura. Al processo di primo grado che ne è seguito il Tribunale di Locri (presidente estensore Fulvio Accurso, consiglieri Cristina Foti e Rosario Sobbrio) ha disposto 18 condanne per 80 anni di reclusione e 7 assoluzioni. La condanna più severa (13 anni 2 mesi) è toccata all’ex sindaco Domenico Lucano. Secondo il Collegio, gli imputati «hanno condiviso con Lucano la logica predatoria delle risorse pubbliche provenienti dai progetti Sprar, Cas e Msna, sempre più asserviti ai loro appetiti di natura personale, spesso declinati in chiave politica». Ecco nel dettaglio alcune delle posizioni processuali emerse nel corso del processo, come rappresentate nella motivazione della sentenza. Cosimina Ierinò (condannata a 8 anni e 10 mesi) è considerata: «Una figura chiave e di elevato spessore di questo processo, avendo ella consentito all’ex sindaco di Riace, tramite il proprio operato di coordinatrice economica dei vari progetti di accoglienza, di realizzare i diversi illeciti» descritti in sentenza e contestati dalla Procura in base alle indagini delle Fiamme Gialle allora dirette dal col. Nicola Sportelli. Altra figura ritenuta dai giudici «emblematica» è quella di Ferdinando Antonio Capone (9 anni 10 mesi), che dall’agosto 2014 ha ricoperto il ruolo di rappresentante legale dell’associazione “Città Futura” «ma che di fatto – si legge in sentenza – è stato l’incontestabile prestanome di Domenico Lucano, il quale si è servito di lui per realizzare tutti i progetti illeciti». Il rapporto sinergico tra Capone e Lucano è confermato, secondo i giudici, da una serie di conversazioni intercettate dagli investigatori, in una delle quali, registrata il 7 luglio 2017, «nel rispondere alle domande di una donna, che gli chiedeva quale fosse il suo rapporto con l’ex sindaco di Riace, ebbe a dire con evidente compiacimento “lui è la mente, io sono le braccia”».

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