La Direzione investigativa antimafia, coordinata dal procuratore distrettuale di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, ha eseguito un provvedimento di confisca di beni per un valore di circa due milioni di euro emesso da quel Tribunale - Sezione misure di prevenzione, nei confronti di un esponente di spicco della cosca Pesce, egemone nel comune di Rosarno. Si tratta di un uomo attualmente detenuto che ha riportato 2 condanne con provvedimenti emessi dalla Corte di Appello reggina, passati in giudicato rispettivamente nel 1994 per il reato di associazione a delinquere semplice e nel 1996 per quello di associazione a delinquere mafiosa. Inoltre, è stato già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per tre anni con decreto della stessa Corte, diventato definitivo nel 1993. Nel 2014 è stato coinvolto in un’indagine condotta dal centro operativo Dia di Reggio Calabria insieme ai carabinieri del Ros di Reggio Calabria e coordinata dalla procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria - Dda, che aveva portato alla scoperta di un sistema di usura le cui vittime erano imprenditori calabresi e lombardi in difficoltà. Per tali vicende, con sentenza del febbraio 2018, emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria e passata in giudicato nell’aprile 2019, il pregiudicato è stato condannato a 4 anni di reclusione per il reato di trasferimento fraudolento di valori con l’aggravante di aver agevolato la 'ndrangheta. Per la formalizzazione del provvedimento odierno, la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha tenuto conto della pericolosità sociale «qualificata» in quanto «soggetto partecipe alle cosche di 'ndrangheta operanti del mandamento tirrenico reggino nonché consapevole di agevolarle». E’ stata altresì accertata, come riconosciuto dal Tribunale di Reggio Calabria fatte salve le successive valutazioni in un eventuale successivo grado di giudizio, la sussistenza in capo al prevenuto di una conclamata disponibilità di due aziende intestate a soggetti prestanome al fine di agevolare gli interessi illeciti della 'ndrangheta nonchè una evidente sproporzione tra i redditi dichiarati dello stesso e dal suo nucleo familiare, rispetto agli investimenti effettuati nel tempo.
Sequestrate due società operanti nell'edilizia e nello smaltimento rifiuti
Il patrimonio sottoposto a confisca consiste in 2 società operanti nel settore costruzioni di edifici e smaltimento rifiuti solidi non pericolosi, 8 immobili, tra cui un capannone con uffici aziendali di rilevanti dimensioni e diversi terreni agricoli, 10 beni mobili registrati di cospicuo valore aziendale, tra cui diverse macchine operatrici semoventi, un rimorchio, un semirimorchio, diversi autocarri, una autovettura e rapporti finanziari aziendali. Il valore complessivo dei beni sottoposti a confisca è stimato in due milioni di euro. La Sezione misure prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto per l’uomo la misura di anni 5 della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno.
Chi è Vincenzo Pesce
Vincenzo Pesce, 69 anni, detto «Sciorta» è attualmente detenuto per la condanna subita in appello nel 2018 nel processo «Ndrangheta Banking» e diventata definitiva nel 2019. Sta scontando 4 anni di reclusione per trasferimento fraudolento di valori con l'aggravante di aver agevolato la 'ndrangheta. Si trattava di un’impresa che Pesce avrebbe intestato a un prestanome per scongiurare eventuali sequestri. La stessa impresa che poi era riuscita ad ottenere un appalto indetto dal Comune di Rosarno relativo ai lavori di manutenzione delle strade per un importo di 40mila euro.