«Ora basta, facciamo un bel pacco e restituiamo tutti le nostre licenze...». All’ingresso del negozio sul Corso, bolletta alla mano, una signora urla la sua rabbia: è l’immagine della protesta che si leva dallo Stretto. Stretti fra emergenza Covid e rincari, lockdown “veri” e di fatto, crisi più o meno cicliche, i commercianti spengono le luci per dieci minuti e sostenuti stavolta anche dalle Istituzioni – almeno a parole – lanciano un messaggio forte al governo. Dal centralissimo corso Garibaldi alle periferie, , l’obiettivo era alzare la voce del commercio contro i rincari record per l’energia, che a cascata stanno facendo innalzare i prezzi di tutte le materie prime e spingendo i cittadini a contrarre i consumi. Insegne spente e negozi al buio per dieci minuti, dunque, su input di Confesercenti, Confagricoltura, Ascoa e Conpait che hanno lanciato la mobilitazione “viaggiata” poi anche sul web. Qualcuno ha aderito con convinzione, altri no: inevitabilmente la città si è spenta a macchia di leopardo. «Chi si aspetta corso Garibaldi del tutto al buio sbagliava», spiega Claudio Aloiosio (Confesercenti) anticipando quello che rischia di diventare un refrain dei prossimi giorni. Perché «qui il 40/50% dei negozi sono in franchising a livello nazionale e non hanno nessun interesse rispetto a una manifestazione locale, scontando forse problematiche diverse da quelle delle piccole e piccolissime imprese». Quest’ultime invece, osserva ancora Aloisio, hanno aderito eccome: «Per la prima volta a Reggio si è riusciti a mettere in rete una categoria, quella di imprenditori e commercianti, solitamente un po’ refrattaria a stare insieme. Avere rappresentato le reali esigenze delle persone è forse il risultato più importante. E la richiesta è chiara: servono misure speciali per salvare le nostre imprese». Dalla città all’area metropolitana, questioni nazionali come il caro bollette e le conseguenze della pandemia s’intrecciano a problematiche locali con la desertificazione commerciale che si fa rischio sempre più concreto.